Rischia fortemente di restare al palo l’estensione agli statali della detassazione della previdenza complementare prevista per i privati. Nelle scorse settimane il Governo al tavolo di confronto sulla “fase 2” della previdenza aveva comunicato che dal 1° gennaio 2018 sarebbe stata prevista anche per i dipendenti pubblici la deducibilità dei contributi versati e del regime di tassazione sulle prestazioni delle forme pensionistiche integrative già in vigore per i lavoratori del settore privato. E le prime bozze del disegno di legge di bilancio, che la fine di questa settimana (o al più tardi all’inizio della prossima) dovrà approdare al Senato, prevedevano esplicitamente una misura in questa direzione nell’ambito del mini-pacchetto pensioni (v. Il Sole 24 Ore del 22 ottobre). Ma nelle ultime versioni dell’articolato, al quale ancora ieri hanno lavorato i tecnici del Governo, la norma è sparita.
Lo stop sarebbe arrivato dal ministero dell’Economia per i costi non compatibili con l’impalcatura contabile della manovra, che poggia anche sul decreto fiscale. A questo punto si riducono al lumicino le chances che l’intervento possa far parte del testo definitivo del Ddl di bilancio, la prossima settimana comincerà il suo cammino a Palazzo Madama anche se, operativamente, l’iter prenderà il via non prima del 6 novembre. Ed è proprio in sede parlamentare che la misura dovrebbe essere eventualmente ripescata sotto forma di emendamento.
Per una misura che è destinata a uscire ne arriva un’altra quasi certa di trovare collocazione nell’articolato definitivo: è quella sulla promozione del cosiddetto welfare di comunità. L’intervento è imperniato su un credito d’imposta pari al 65% delle erogazioni effettuate nei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2017 da attribuire alle fondazioni bancarie che sul territorio, in collaborazione con il terzo settore, aziende ospedaliere e presidi ospedalieri, sviluppano progetti di contrasto alle povertà e alle fragilità sociali, al disagio di famiglie con minori, alla domiciliarità delle cure agli anziani e ai disabili, alla dotazione di strumentazioni per le cure sanitarie e alla promozione dell’occupazione.
Sul fronte del contrasto alla povertà è confermato il rifinanziamento dell’apposito Fondo con l’obiettivo di dare maggiore spinta al Rei (Reddito d’inclusione), che dal 1° gennaio 2018 viene esteso a tutti i nuclei familiari con persone in stato di disoccupazione di età pari o superiore a 55 anni. Non solo: la bozza di Ddl di bilancio prevede che dal prossimo 1° luglio il Rei dovrà essere usufruibile da tutti i nuclei familiari, indipendentemente dalle caratteristiche “non economiche” dei medesimi (stato di disoccupazione e tipologia di licenziamento). In altri termini nel corso del 2018 si raggiunge il pieno universalismo della misura. In altre parole la misura dovrà diventare “universale”.
Sul carro della legge di bilancio potrebbero salire, durante il suo iter in Parlamento, anche gli incentivi per l’auto elettrica o ibrida. Nella Strategia energetica nazionale (Sen) – che sarà definitivamente approvata nella prima settimana di novembre – si sta infatti ragionando sulla possibilità di incentivare il passaggio alle auto elettriche, a metano e ibride. Una misura con cui il Governo punta a ringiovanire il parco auto circolante, che è tra i più vecchi d’Europa. La misura è stata anticpata ieri dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda durante un’audizione in Parlamento sulla Sen. Se la misura fosse confermata non è escluso che il ministro la voglia inserire subito in manovra. Gli incentivi saranno destinati soprattutto alle famiglie che hanno redditi più bassi e macchine più vecchie (si stima 200mila famiglie). Per un costo di 250 milioni all’anno per tre anni. Per la copertura si potrebbe arrivare ad un aumento di 0,8 euro all’anno nella bolletta elettrica e di 1,7 euro (sempre all’anno) su quella del gas. In alternativa a fronte della rottamazione potrebbe arrivare un bonus per usufruire del carsharing.
Il Sole 24 Ore – 25 ottobre 2017