di Daniele Cirioli. Contratto a termine più flessibile. Per le assunzioni senza causa, infatti, basterà un’intesa aziendale per individuare nuove ipotesi, aggiuntive a quella del primo contratto prevista dalla legge Fornero.
Inoltre le riassunzioni potranno avvenire prima, ossia dopo 10 giorni (anziché 60) e dopo 20 giorni (anziché 90) dalla scadenza del precedente contratto a temine di durata fino a sei mesi o superiore. Stesso trattamento (entrambe le novità) in caso di somministrazione a termine. A prevederlo è il decreto legge varato ieri dal consiglio dei ministri modificando la legge Fornero di riforma lavoro (legge n. 92/2012). Altra novità è l’istituzione di un incentivo stabile, per quei datori di lavoro che assumano lavoratori percettori della nuova Aspi.
Contratti a termine senza causale. Le assunzioni a termine sono possibili soltanto a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. La riforma Fornero, dal 18 luglio dello scorso anno, ha introdotto una deroga consentendo di prescindere dalla causa (ragione di carattere tecnico ecc.) con riferimento al primo rapporto a termine di durata non superiore a 12 mesi. Inoltre, la stessa riforma ha dato ai contratti collettivi nazionali la possibilità di prevedere la stessa deroga in una serie tassativa di ipotesi (avvio di una nuova attività, del lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, dell’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, della fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente) nel limite complessivo del 6% del totale dei lavoratori occupati. Il decreto legge varato ieri dal consiglio dei ministri riformula la disciplina e, fermo restando l’ipotesi normativa (primo contratto), stabilisce che «ogni altra ipotesi» di assunzione senza causa può essere individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Sempre con riferimento al contratto a termine senza causa, il decreto legge ha eliminato il divieto di proroga.
Pertanto, nell’ipotesi di primo contratto, la proroga sarà possibile nel limite massimo di 12 mesi, mentre nelle altre ipotesi eventualmente previste con contratti collettivi, anche aziendali, la proroga dovrà osservare il limite massimo dei tre anni (ossia di 36 mesi), fissati quale durata complessiva del rapporto a termine.
Riassunzioni più veloci. Il decreto legge, ancora, riduce l’intervallo di attesa tra due contratti a termine. Praticamente si torna alla disciplina previgente alla riforma Fornero; infatti, la riassunzione a termine torna a essere legittima (cioè non sanzionata con la conversione del rapporto a tempo indeterminato) una volta che siano decorsi 10 giorni dalla scadenza del primo contratto a termine nei rapporti fino a sei mesi e una volta decorsi 20 giorni nei rapporti di durata superiore ai sei mesi. La legge n. 92/2012 (riforma Fornero), invece, aveva allungato i predetti termini rispettivamente a 60 e 90 giorni (dal 18 luglio).
Incentivi alle assunzioni. Altra novità, infine, è l’istituzione di un incentivo stabile, che agevola le riassunzioni dei lavoratori disoccupati. La nuova norma stabilisce che al datore di lavoro il quale, senza esservi tenuto, assuma a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscono dell’Aspi è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al 50% dell’indennità mensile Aspi residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. L’incentivo è escluso in riferimento ai lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume, ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o di controllo.
Lavoro a chiamata. Tre le modifiche principali al lavoro a chiamata. La prima concerne la proroga dell’efficacia dei vecchi contratti, quelli vigenti al 18 luglio 2012 (prima della riforma Fornero), che slitta a fine anno (anziché fino al prossimo 17 luglio). La seconda consiste nella previsione dell’attenuante in tema di sanzioni per la mancata comunicazione preventiva della chiamata al lavoro (si ricorda che le nuove modalità entrano in vigore il 3 luglio), ossia l’inapplicabilità della sanzione da 400 a 2.400 euro nel caso in cui dagli adempimenti contributivi risulti la volontà di non occultare la prestazione. Infine, la terza novità è la fissazione di un limite di chiamata al lavoro dei lavoratori intermittenti, ossia 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari: in caso di superamento, scatta la sanzione della conversione del rapporto a tempo indeterminato.
ItaliaOggi – 27 giugno 2013