Sta diventando una soap opera dai contorni sempre più confusi. Il decreto del «fare 2», di cui negli ambienti di governo si era già iniziato a parlare a luglio, è un vero e proprio oggetto misterioso, per ora esiste in numerose bozze ma è sempre sospeso nel limbo. Il film è lo stesso da settimane: lo Sviluppo economico preme, l’Economia chiede correzioni, Palazzo Chigi frena.
Così anche l’ultima bozza, di 10 articoli, meno dei 30 del documento datato 2 settembre, e meno anche dei 25 dell’11 settembre, appare per ora destinata a restare nel cassetto, visto l’orientamento della presidenza del Consiglio di rinviare tutto a fine ottobre, dopo l’approvazione della legge di stabilità.
Diverse le norme che potrebbero avere un buon impatto sull’economia reale, a cominciare dalla possibilità delle imprese per il 2013 e 2014 di differire i debiti fiscali in misura pari ai propri crediti certificati verso la Pubblica amministrazione (si veda Il Sole 24 Ore del 14 settembre). Molto atteso anche il credito di imposta stabile del 50% per la ricerca, da applicare sulla quota incrementale di investimenti rispetto all’anno precedente (fino a un tetto massimo di incremento di 5 milioni di spese ammissibili). Nell’ultima bozza resiste ancora la norma per ridurre gli oneri delle energie rinnovabili sulla bolletta elettrica diluendoli in più anni. Operazione che si concretizzerebbe mediante bond emessi dal Gse.
C’è ancora spazio poi per il pacchetto per il credito non bancario, le garanzie sui finanziamenti a medio e lungo termine, il rifinanziamento dell’Agenzia Ice, i voucher destinati alla digitalizzazione delle Pmi, la norma Sulcis sul carbone pulito, il rilancio delle bonifiche industriali mediante accordi di programmi, il fondo di garanzia sui grandi progetti di innovazione industriale. Tutte norme ampiamente descritte nelle scorse settimane.
Il problema a questo punto è un altro: quando e se il decreto arriverà al traguardo. Nel governo sussistono perplessità di diverso tipo: sulla copertura di alcune norme e sul rischio di sovraccaricare il Parlamento con un ulteriore decreto che sarebbe oggetto di bagarre in sede di conversione in legge. Per questo si sta dialogando su un possibile compromesso, ovvero un decreto perfino più leggero rispetto all’ultima bozza di 10 articoli. In sostanza, un mini Dl che contenga solo il pacchetto energetico, le norme per favorire le obbligazioni delle Pmi e, al massimo, le bonifiche industriali. Sembra l’unica possibilità, al momento, di dare concretezza nel breve a un lavoro in corso da mesi.
Non da ultime, comunque, vanno considerate diverse perplessità suscitate dalla norma per tagliare gli oneri delle rinnovabili, che andrebbero comunque a scaricarsi su più anni. La stessa nota di aggiornamento al Def, redatta dal ministero dell’Economia, sembra raffreddare il tema. «L’impegno del Governo – si legge – dovrà essere la verifica della fattibilità di questo strumento e la sua eventuale attuazione»
Il Sole 24 Ore – 25 settembre 2013