L’accesso civico viene profondamente innovato dal decreto Madia sulla trasparenza, correttivo del decreto legislativo 33/2013. Attualmente l’istituto permette a chiunque, senza limitazioni e senza necessità di motivazione, di richiedere documenti, informazioni o dati la cui pubblicazione sia obbligatoria in base al Dlgs 33/2013.
Doppio diritto
Al dovere delle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati, corrisponde dunque il diritto di chiunque di farne richiesta in caso di mancata pubblicazione sul sito internet. La domanda non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile della trasparenza dell’amministrazione, che deve entro 30 giorni trasmettere l’atto al richiedente e provvedere alla pubblicazione nel sito di quanto mancante. Se il documento richiesto è già pubblicato nel rispetto del codice della trasparenza, l’amministrazione informa il richiedente indicando il collegamento ipertestuale.
La norma attuale è tutto sommato equilibrata. Il decreto in corso di emanazione, però, al comma 2 del nuovo articolo 5, affianca al tradizionale accesso civico, che resta in vigore, il diritto di chiunque di accedere a dati e documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione.
In sostanza, i documenti o dati non oggetto di obbligo di pubblicazione in base al Dlgs 33/2013 potranno comunque essere richiesti senza alcun obbligo di giustificazione o di limitazione soggettiva, mentre ad oggi l’esclusione della motivazione è appunto contemplata solo per quei documenti che già dovrebbero essere pubblici; per tutti gli altri documenti è necessario dimostrare un interesse diretto, concreto e attuale, «corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», secondo quanto previsto dalla legge 241/1990.
Coinvolti tutti gli enti «collegati» alla Pa
Va rilevato, ancora, che la norma non si applica solo alla Pubblica amministrazione in senso stretto. L’articolo 3 del decreto correttivo chiarisce che nell’ambito soggettivo di applicazione della trasparenza rientrano tutta una serie di soggetti fra i quali società a controllo pubblico, ordini professionali, enti pubblici economici, associazioni, fondazioni, enti di diritto privato finanziati dalla Pubblica amministrazione o nei quali la maggioranza o la totalità dell’organo di amministrazione è nominato dalla Pubblica amministrazione. Tutti questi enti saranno tenuti a osservare le nuove norme contenute nel Codice della trasparenza, compresa la gestione delle nuove istanze di accesso.
È evidente l’impatto dirompente che la nuova normativa avrà sul sistema e sugli operatori, che dovranno adeguatamente formarsi per farsi trovare preparati di fronte a questo nuovo istituto e saranno costretti a sobbarcarsi l’onere di questo adempimento: onere pesante al punto da preoccupare perfino l’Anac che, nell’atto di segnalazione 1/2016, propone, seguendo l’esempio delle pratiche seguite in altri Paesi, un periodo di moratoria per rendere effettivo il nuovo istituto
Definizioni incerte
Il diritto di accesso così esteso potrà essere limitato solo se la richiesta comporta un pregiudizio alla tutela degli interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti. Su questo limite, e sul difficile contemperamento fra diritto di accesso e tutela della riservatezza pubblica o privata, c’è da immaginare fin da ora che non mancherà materiale per la giurisprudenza; proprio per questo l’Anac nell’atto di segnalazione formula delle proposte, fra cui l’invito a rendere più chiara nel decreto l’espressione «interessi pubblici o privati giuridicamente rilevanti» e attribuendo all’Anac un ruolo di regolazione di secondo livello, anche mediante l’adozione di linee guida di concerto con il Garante per la protezione dei dati personali. La partita, comunque, è aperta.
Il Sole 24 Ore – 24 marzo 2016