Accolti dal ministro Marianna Madia i rilievi della Ragioneria dello Stato che avevano confermato la tesi del commissario alla spending review, Carlo Cottarelli. Eliminato il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e medici. Le opposizioni protestano, scettici i deputati del Pd. Via libera della commissione Affari costituzionali del Senato agli emendamenti del governo sul dl Pubblica amministrazione. Saltano così lo sblocco per 4 mila pensionamenti nella scuola (quota 96) e la soglia di 68 anni per i pensionamenti d’ufficio di professori universitari e primari. Cancellato anche lo stop alle penalizzazioni per chi va in pensione a 62 anni. L’aula passerà all’esame nel merito a partire da stasera dopo le 20. L’ok è previsto domani, scontata la richiesta della fiducia da parte del governo.
Il governo ha presentato “4 emendamenti soppressivi” di alcuni punti del dl Pubblica amministrazione tra cui la cosiddetta “quota 96”, che sbloccava 4 mila pensionamenti nella scuola. Ad annunciarlo era stata questa mattina il ministro della Pubblica Amministrazione Madia.
La “quota 96” era stata, infatti, oggetto delle ire del commissario alla spending review Carlo Cottarelli che lamentava l’impossibilità di tagliare le tasse (fine ultimo originario dei tagli alla spesa) se la politica continua a richiedere di dirottare risorse altrove.
A fare cambiare idea al governo, però, sono stati i rilievi della Ragioneria dello Stato che aveve evidenziato la norma tra quelle in difetto di copertura. Un emendamento del governo al dl P.A. rivede anche i limiti d’età per il pensionamento d’ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e medici. Restano, invece, le soglie previste per il resto dei dipendenti pubblici (62 anni e 65 per i medici).
Il decreto-Madia sulla pubblica amministrazione era stato pensato con lo scopo di svecchiare i dipendenti pubblici attraverso un maxi-pensionamento anticipato degli statali di 62 anni che si sarebbe tradotto in un aumento delle spese per le casse dello Stato. La norma avrebbe salvato 4.000 insegnati, rimasti “incagliati” nel 2012, ai quali sarebbe stata data la possibilità di andare da quest’anno in pensione con le vecchie regole pre-Fornero di “quota 96”. Una operazione che costa 396 milioni da quest’anno al 2018.
In commissione è stato approvato, viene riferito dai senatori, un ordine del giorno che chiede al governo di trovare una soluzione alla questione ‘quota 96’ per i pensionamenti nella scuola.
In Parlamento, però, si profila battaglia. Scontente anche le opposizioni, in particolare Sel: “Il Governo dei soli annunci ha colpito ancora. Per i lavoratori della scuola ‘quota 96’ si allontana di nuovo il sacrosanto diritto di andare in pensione”. Ma anche Forza Italia non è per nulla convinta: una decisione “vergognosa in cui vince la burocrazia”. Peculiare il fatto che i mugugni arrivino anche da una parte dei deputati del Partito Democratico. In sette chiedono al governo di ripensarci, anche loro parlando di vittoria dei freddi numeri della burocrazia sul buon senso. Per la Cgil, invece, “è gravissimo cancellare gli interventi sulle pensioni”
Il relatore: inaccettabile che i rilievi della Ragioneria siano arrivati ora
Il senatore Pd Giorgio Pagliari, relatore del provvedimento, attacca: «Mi risulta inaccettabile he la mancata copertura sia stata rilevata dalla Ragioneria dopo l’approvazione della Camera o che comunque la stessa diventi insormontabile oggi, con il Senato chiamato ad approvare la soppressione di emendamenti molto importanti che, non essendo la copertura un’opinione, avrebbero dovuto non essere sottoposti al voto nell’Aula di Montecitorio». Pagliari chiede di riflettere sul ruolo stesso della Ragioneria, «un ruolo tecnico, che quando assume un rilievo politico come nel caso, è esorbitante». E dice di avere le mani legate: «In ragione dell’articolo 81 della Costituzione, la scelta è vincolata: se manca la copertura non c’era e non c’è, purtroppo, margine discrezionale». Non resta che sperare in futuri provvedimenti ad hoc per le persone penalizzate.
No anche alla revisione dei limiti di età per prof universitari e primari
Un emendamento soppressivo del governo al decreto ha rivisto i limiti d’età per il pensionamento d’ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e primari, ha sottolineato il ministro Madia. Attualmente la legge Gelmini consente l’uscita obbligatoria a 70 anni per i docenti universitari. Per la Ragioneria l’uscita anticipata di due anni «determina oneri non quantificati». Restano invece le soglie previste per il resto dei dipendenti pubblici (62 anni e 65 per i medici).
Uscite anticipate dal lavoro: no alla cancellazione delle penalizzazioni Fornero
Complice un altro emendamento del Governo non passa la cancellazione delle penalizzazioni prevista dalla legge Fornero per le uscite anticipate dal lavoro.
4 agosto 2014