La riforma della pubblica amministrazione non risparmierà nemmeno i professori universitari e i primari degli ospedali che hanno raggiunto il massimo dei contributi previdenziali previsti dalla legge, ossia 42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 e sei mesi per le donne, potranno essere messi a riposo dalle amministrazioni a prescindere dalla loro età anagrafica. È una delle novità contenute negli emendamenti presentati ieri dal relatore del provvedimento, Emanuele Fiano, durante la seduta in Commissione Affari costituzionali alla Camera dei deputati. La norma sui pensionamenti obbligatori era stata già inserita dal governo nel testo del provvedimento licenziato in consiglio dei ministri. Ma per come era scritta rischiava di lasciare fuori proprio due delle categorie in cui le posizioni apicali sono spesso difficili da scalfire. Attesi tra oggi e domani gli emendamenti del Governo.
Quella sul pensionamento obbligatorio di docenti e primari non è l’unica novità del decreto sulla pubblica amministrazione che ormai è entrato nel vivo dell’esame parlamentare.
LE ALTRE NOVITÀ II governo per ora non ha presentato nessuna proposta di modifica al suo testo. Ma tra oggi e domani alcune novità potrebbero arrivare. Almeno una è stata anticipata ieri dal sottosegretario allo Sviluppo Economico Simona Vicari. La proposta, anticipata ieri a margine della seduta di Commissione, prevede un percorso più graduale nel taglio dei contributi delle imprese alle Camere di commercio. «La proposta del Governo», ha spiegato la Vicari, «è di ridurre i diritti annuali del 40% nel 2015 e del 50% nel 2016». Il testo attuale prevede invece, una decurtazione immediata del 50 per cento. Una sforbiciata, insomma, meno drastica e che potrebbe fare il paio con un altra norma già ribattezzata “salva-Tar” che dovrebbe evitare la chiusura delle sedi distaccate dei tribunali amministrativi presenti nelle sedi delle corti di appello. In pratica dall’iniziale ipotesi di chiusura di otto strutture, a chiudere i battenti rimarrebbero soltanto in tre. Meno stringenti, poi, sono diventate anche le misure sulla razionalizzazione delle sedi delle Autorità indipendenti. Salta infatti l’obbligo di individuare entro il 30 settembre degli edifici pubblici da «condividere» tra i vari organismi, sostituito con l’obbligo per ogni autorità di scegliere palazzi di proprietà pubblica e di concentrare l’80% dei dipendenti nella sede principale. Il governo ed il relatore, poi, hanno anche dato il loro assenso ad un emendamento presentato da Emanuele Cozzolino del Movimento Cinque Stelle, che pone il divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere dati già presenti nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente.
INGORGO AL SENATO Intanto i tempi si fanno sempre più stretti per il decreto competitivita, ora all’esame del Senato, ramo del Parlamento intasato dai decreti in conversione e dalle riforme istituzionali. No- Marianna Madia nostante ciò si è riusciti a votare alcuni emendamenti sullo sviluppo agricolo. Stando così le cose, e tenendo presente i tempi ridotti (scade il 22 agosto), il governo sarebbe pronto a porre la questione di fiducia. Per ora non c’è l’annuncio ufficiale su un possibile voto blindato ma il relatore al provvedimento, il presidente della commissione Ambiente Giuseppe Mannello, ne parla co me qualcosa di «molto probabile». Cosa che non rende felice l’opposizione, i cui emendamenti, garantisce Mannello, saranno presi nella giusta considerazione. Inoltre, lo spirito del provvedimento viene agitato dall’ormai imminente arrivo dell’emendamento che traduce l’ultimo decreto sull’Ilva all’interno della competitivita. Non solo, spunta anche l’ipotesi di inserire le risorse per la Cassa integrazione in deroga, 400-500 milioni. Intanto su alcune proposte di modifica al testo del decreto aumentano le polemiche. Come nel caso degli emendamenti per trasformare il Gse, il gestore dei servizi energetici, in un trader di energia rinnovabile, cambiandone la natura e ampliando le funzioni con possibili ricadute sui costi del sistema. A lanciare l’allarme è l’Aiget, l’Associazione dei grossisti e dei trader di energia che ha definito gli emendamenti in tal senso «un tentativo allarmante di ri-statalizzazione surrettizia del settore». I temi caldi della norma taglia-bollette e dell’anatocismo saranno comunque affrontati probabilmente questa sera in seduta notturna. (Andrea Bassi – Il Messaggero)
Si allenta la stretta sulle Authority
In arrivo le modifiche su sedi distaccate dei Tar, oneri camerali e un Fondo con i risparmi sugli onorari degli Avvocati dello Stato
Cambia la stretta sulle Authority, che potranno restare nelle proprie sedi logistiche solo se rispetteranno alcuni criteri di efficienza. Dovranno cioè avere la sede in un edificio «in proprietà o uso gratuito» (sono fatte salve le spese di funzionamento); «la concentrazione degli uffici nella sede principale»; «l’esclusione di locali adibiti ad abitazione o foresteria per i componenti e il personale». In caso di violazioni il Mef, tramite l’agenzia del Demanio, le trasferirà in un’altra sede, «eventualmente comune».
La spesa per sedi secondarie, rappresentanza, trasferte e missioni non potrà comunque essere superiore al 20% della spesa complessiva. La presenza effettiva del personale in quella principale non potrà essere inferiore all’80% del totale su base annua (si fa eccezione per la Consob) e la spesa complessiva per incarichi di studio, consulenza e ricerca non potrà essere superiore al 2% delle uscite complessive. In caso di sforamenti, l’autorità interessata dovrà trasferire al Tesoro una somma corrispondente all’entità del mancato risparmio per l’Erario.
È questo l’ emendamento di maggior peso al dl Pa presentato ieri in commissione Affari costituzionali della Camera dal relatore Emanuele Fiano. In totale sono state presentate otto modifiche; e tra oggi e domani dovrebbero arrivare anche altri emendamenti del Governo. Restano da sciogliere i nodi sulle sezioni distaccate dei Tar e sulla remunerazione speciale. Ieri alla Camera circolava l’ipotesi di costituire un fondo centrale presso ciascuna amministrazione dove far confluire le risorse per i salari accessori (per premiare poi i dipendenti). Sembra invece aver trovato una soluzione il taglio dei diritti annuali dovuti dalle imprese alle camere di commercio. La sforbiciata sarà più soft: «Del 40% nel 2015 e del 50% nel 2016», ha annunciato il sottosegretario allo Sviluppo, Simona Vicari, mentre la norma contenuta nel dl parla di dimezzamento già dal prossimo anno. Ma in cambio verranno introdotti costi standard per alcune attività delle camere di commercio, soprattutto «per i diritti di segreteria».
Tra le altre modifiche a firma Fiano spicca una in tema di province. Quelle «tra loro limitrofe», situate all’interno di una regione, potranno «esercitare in comune, eventualmente anche mediante organi ed enti interprovinciali, le funzioni fondamentali lasciate loro dalla legge Delrio. L’esercizio in comune delle funzioni provinciali andrà regolato con una convenzione. Ma non dovrà costare nulla. (Il Sole 24 Ore)
22 luglio 2014