di Luigi Oliveri. Resta il nulla osta per la mobilità volontaria, salvo che nell’ambito di una sperimentazione limitata ai soli ministeri. Molti osservatori hanno scritto che effetto del dl 90/2014 sarebbe quello della «liberalizzazione» della mobilità volontaria, che potrebbe avvenire sostanzialmente per mera volontà del lavoratore, senza che il trasferimento da un ente all’altro debba essere condizionato dal consenso dell’amministrazione di appartenenza. Le cose non stanno così. L’articolo 4, comma 1, della riforma voluta dal ministro della funzione pubblica, Marianna Madia, modifica l’articolo 30, commi 1 e 2, del digs 165/2001. La stesura definitiva del decreto legge ha saggiamente lasciato, dunque, il nulla osta e l’assenso dell’amministrazione di appartenenza resta come condizione imprescindibile
Il nuovo comma 1 novellato, nel suo primo periodo, è chiarissimo: «Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza».
L’assenso dell’amministrazione di appartenenza resta come condizione imprescindibile. Le varie stesure del di 90/2014 hanno rimediato a un clamoroso errore, quello appunto dell’eliminazione del nulla osta, cosa che avrebbe esposto i datori di lavoro pubblici alle unilaterali iniziative dei dipendenti, che avrebbero potuto decidere se e quando andarsene, gettando nel caos ogni possibilità di gestire e programmare il personale dipendente.
La stesura definitiva del decreto legge ha saggiamente lasciato, dunque, il nulla osta. Vi è, però, una sperimentazione per verificare a quali condizioni se ne possa fare a meno. Si stabilisce, infatti, che «in via sperimentale e in attesa dell’introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali non è richiesto l’assenso dell’amministrazione di appartenenza, la quale dispone il trasferimento entro due mesi dalla richiesta dell’amministrazione di destinazione, fatti salvi i termini per il preavviso e a condizione che l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore all’amministrazione di appartenenza». L’assenso preventivo, pertanto, non servirà solo tra amministrazioni statali e solo quando la mobilità volontaria sortirà l’effetto di distribuire meglio il personale.
La riforma cambia la procedura di mobilità volontaria, che cessa di essere presupposto necessario per la legittimità dei concorsi pubblici. La mobilità, infatti, torna ad essere una mera facoltà delle amministrazioni. Le quali per reclutare dipendenti mediante trasferimenti dovranno, comunque, fissare preventivamente i criteri di scelta e pubblicare sul proprio sito istituzionale un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire con indicazione dei requisiti da possedere. Il bando dovrà restare pubblicato per un periodo pari almeno a 30 giorni.
Italia Oggi – 28 giugno 2014