Il recupero del congelamento del tasso di capitalizzazione per l’anno 2015 sarà effettuato sulle rivalutazioni dell’anno successivo. La misura determinerà un piccolo deprezzamento per chi andrà in pensione nel 2016. Vai all’articolo e alla tabelle
Il decreto legge 65/2015 varato a fine maggio contiene un intervento sul tasso di capitalizzazione, ovvero quel coefficiente che si utilizza per rivalutare nel sistema contributivo il montante ogni anno messo da parte dal lavoratore. Si tratta di una modifica importante perchè determina un mutamento, seppur lieve, della pensione che sarà posta in pagamento. L’andamento di questo tasso, legato alla dinamica quinquennale del Pil, influenzerà infatti l’entità dell’assegno. La misura, in breve, si tradurrà in un vantaggio per coloro che lasciano nel 2015 dato che questo montante non subirà alcuna riduzione come invece sarebbe avvenuto in assenza dell’intervento del Governo; mentre la modifica comporterà una piccola penalità per chi lascia nel 2016 perchè la sterilizzazione dell’anno 2015 viene compensata da un minore incremento del tasso nell’anno successivo, il 2016 per l’appunto.
Per aiutare i lettori a comprendere questa novità facciamo un esempio pratico. Prendiamo una lavoratrice dipendente del settore privato che ha iniziato a lavorare nel 1996, che quindi ha l’intero assegno calcolato con il sistema contributivo, e che nel 2016 raggiunge l’età per la pensione di vecchiaia, mettiamo conto a 66 anni.
Per determinare la misura del suo assegno bisogna prendere prima di tutto il montante che ogni anno la lavoratrice mette da parte con il pagamento dei contributi: il montante è pari al 33% dell’imponibile dello stipendio. Nel nostro esempio immaginiamo che la lavoratrice metta da parte una somma intorno ai 6mila euro annui. A questo punto si fa la sommatoria dell’ammontare dei contributi di ciascun anno così determinati, rivalutandoli annualmente sulla base del tasso di capitalizzazione ottenendo così il montante contributivo complessivo come mostrato nella tabella.
Si ricorda che il montante individuale va rivalutato ogni anno con il coefficiente di capitalizzazione dell’anno successivo. Si utilizza il coefficiente 1 per gli ultimi 2 anni antecedenti la decorrenza della prestazione (quindi nel nostro caso l’anno 2015 e il 2016). Qui sotto sono riportati tutti i coefficienti come modificati con il Dl 65/2015.
In grassetto in tabella sono riportate le modifiche introdotte dal Decreto legge 65/2015. Come si vede, per rivalutare il montante del 2013 si utilizzerà il tasso 1 invece che lo 0,998073 (e ciò determinerà un effetto positivo per chi esce nel 2015) ma per rivalutare il montante del 2014 si utilizzerà un tasso inferiore a quello che sarebbe stato previsto dalla attuale normativa (1,003394 invece che 1,005331). E ciò determinerà un effetto negativo per chi esce nel 2016. La nostra lavoratrice al 2016 potrà contare su montante complessivo pari a 172.363,39 euro contro i 172.377,88 euro a cui avrebbe avuto diritto senza l’intervento in parola. Sono pochi euro in meno ma forse proprio perchè sono cifre così basse non sarebbe stato meglio non intaccare il tasso dell’anno successivo?.
E la pensione? Per determinare la pensione della lavoratrice basta moltiplicare il montante complessivo per il coefficente di trasformazione legato all’età anagrafica in cui si esce (si veda la tabella). Nel nostro caso basta prendere il valore corrispondente all’età di 66 anni pari al 5,62%. Quindi: 172.363,39€ x 5,62% = 9.686,80€ annui che diviso 13 mensilità corrisponderà ad una pensione di circa 745 € al mese.
Come si nota i coefficienti arrivano sino a 70 anni ma questi valori sono attivabili solo da coloro che sceglieranno di continuare a restare sul posto di lavoro oltre l’età standard di 66 anni. In tal caso il lavoratore conseguirà una prestazione piu’ elevata.
Pensioni Oggi – 7 giugno 2015