Parente (Pd): la ratio del Jobs Act è aiutare le imprese ad assumere. Annunciato un «no» tra i Dem, minoranza contraria alla «blindatura». Stop agli ammortizzatori sociali alle aziende decotte (qui interverrà la nuova Aspi). La cassa integrazione rimarrà, e sarà limitata ai «soli casi di cessazione temporanea» di attività aziendale, o nei casi di sospensione della stessa purchè ci sia una «ragionevole prospettiva di ripresa dell’attività, quindi del lavoro dei dipendenti, entro il termine di durata dell’intervento».
Il superamento delle collaborazioni interesserà esclusivamente la tipologia negoziale del «contratto di lavoro a progetto» (non ci sarà pertanto p er le aziende alcun divieto «attuale o futuro» di utilizzo dei contratti di lavoro autonomo aventi per oggetto un’attività continuativa nel tempo). E la nuova disciplina sui controlli a distanza – circoscritti a impianti e strumenti di lavoro, e non direttamente alle persone – dovrà aggiornare lo Statuto dei lavoratori. L’obiettivo è di adeguarlo «agli sviluppi tecnologici» degli ultimi anni «che fanno sì che il collegamento a distanza sia diventata una funzione propria di tutte le imprese e certo non suscettibile di essere assoggettata a una regola generale di necessaria contrattazione preventiva in sede sindacale» (come invece oggi richiesto per i sistemi televisivi a circuito chiuso e i microfoni). Del resto l’attuale disciplina è contenuta nello Statuto dei lavoratori che è del 1970, un’epoca in cui non esistevano né i personal computer, né internet, né i telefoni cellulari.
È stato direttamente il relatore, il giuslavorista di Sc, Pietro Ichino, a chiarire nella sua relazione in Aula al Senato, il contenuto tecnico delle ultime modifiche apportate dalla Camera al Jobs Act, che oggi si accinge a essere approvato definitivamente dal Parlamento. Ieri sono state respinte le tre questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate da Lega, M5S e Sel. È stata anche bocciata la richiesta di Fi di rimandare il testo in commissione (per ulteriori approfondimenti).
Questa mattina si proseguirà con la discussione generale (sono iscritti a parlare una ventina di senatori), e il Governo sembra sempre più orientato a mettere la fiducia visto che sul testo sono piovuti una sessantina di emendamenti. Il voto finale è previsto nel pomeriggio.
«La ratio profonda di questa legge – ha spiegato Annamaria Parente, capogruppo Pd in commissione Lavoro del Senato – è far entrare i giovani a lavoro e aiutare le imprese ad assumere. Ed è la stessa filosofia che ispira l’azione del Governo». Dal Pd la senatrice Lucrezia Ricchiuti ha già annunciato il suo «no» all’eventuale fiducia, contro cui si sono espressi diversi senatori Dem della minoranza che però non si sono spinti fino ad annunciare il voto contrario . Da segnalare anche un botta e risposta a distanza tra il giuslavorista, oggi commissario straordinario dell’Inps, Tiziano Treu, e il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Ncd) sulla riforma dell’articolo 18: «Sono almeno 10 anni che si parla di articolo 18 come simbolo – ha detto Treu – ma di simboli si può morire. Meglio tardi che mai». «Altro che tempi sereni – è stata la replica di Sacconi -. Ora piuttosto rimuoviamo questo tabù dell’articolo 18 in modo netto e comprensibile senza ripetere l’errore della legge Fornero. Meglio tardi che mai».
Sul fronte sindacale, sospende il giudizio la Cisl. Per valutare il Jobs Act «aspettiamo «i decreti attuativi», ha detto Annamaria Furlan, a margine dell’iniziativa del sindacato alla Stazione Leopolda di Firenze. «La legge delega è molto larga, è nei decreti attuativi che si vedono davvero le cose concrete – ha aggiunto Furlan -. Chiediamo al Governo che vogliamo verificare nei decreti attuativi se il contratto a tutele crescenti e a tempo indeterminato annulla le false Co.co.co, le false partite Iva».
Il Sole 24 Ore – 3 dicembre 2014