Slitta alla prossima settimana, ovvero a martedì 21 aprile, la prosecuzione del voto sulla delega di riforma della Pubblica Amministrazione, all’esame dell’Aula del Senato. L’Aula di palazzo Madama ha tempo fino a mercoledì per votare il ddl (si tratta di 17 articoli in tutto), perché poi i senatori saranno impegnati con il Def, calendarizzato in Assemblea giovedì. Ieri sono stati votati gli emendamenti al primo articolo del ddl Madia, quello sulla cittadinanza digitale, e illustrati i pareri sul secondo, relativo al riordino della Conferenza dei servizi. Ma sulla riforma della Pa il governo tira dritto. Anche sui passaggi più spinosi, come l’accorpamento della Guardia Forestale in un altro corpo di Polizia, decisione che ha compattato uno schieramento bipartisan contrario al progetto. Ieri il ministro Marianna Madia, ha detto senza mezzi termini che l’esecutivo non presenterà modifiche al testo uscito dalla Commissione Affari costituzionali del Senato e approdato in aula.
La riforma andrà avanti così. In mattinata, parlando alla Luiss, il ministro Madia si era soffermata soprattutto sul delicato tema della riforma della dirigenza. Per fare carriera, ha spiegato, non basterà un’unica prova, ma dei «percorsi di valutazione». Valutazioni che dovranno soprattutto riguardare i risultati raggiunti dai dirigenti pubblici che troppo spesso, ha ricordato il ministro, sono entrati «non attraverso un concorso nella Pa e in modo malsano» secondo un principio « incostituzionale».
Nella Pubblica amministrazione, dunque, si entrerà per concorso. Ma le regole dei concorsi vanno cambiate. Non più selezioni a caso, ma secondo la regola «dei fabbisogni». Per quanto riguarda la valutazione dei dirigenti, poi, Madia ha spiegato che non sarà più ammesso che a fine anno tutti ricevano il massimo dei voti. «Se il dirigente darà il massimo dei voti a tutte le persone che lavorano per lui», ha spiegato, «avrà una cattiva valutazione e ciò inciderà sugli incarichi futuri».
GLI ALTRI NODI
Per quanto riguarda invece il rinnovo dei contratti degli statali, bloccati ormai da cinque anni, il ministro della Funzione pubblica ha detto che sarà fatta una «discussione collegiale» durante la legge di stabilità. «Mi auguro», ha aggiunto, «di riuscire ad aprire una stagione contrattuale che è profondamente legata alla crescita del Paese». Il problema rimangono le risorse. Per rinnovare i contratti, secondo le stime del Def, il Documento di economia e finanza appena licenziato dal governo, servirebbero poco meno di due miliardi il prossimo anno fino ad arrivare a quasi nove miliardi a regime. Soldi che per ora non sono disponibili, come ha ricordato ieri il vice ministro dell’Economia, Enrico Morando.
«L’impegno fondamentale scritto nel Def», ha spiegato, « è quello di non far scattare le clausole di salvaguardia» con gli aumenti di Iva e accise. L’impegno sulle clausole di salvaguardia, ha assicurato Morando, «sarà onorato, costa l’ira di Dio, ma consente di usare i margini per promuovere lo sviluppo invece che gelare consumi e investimenti, sul resto», ha detto riferendosi al rinnovo del contratto degli statali, «vedremo».
Intanto ieri la Commissione bilancio ha dato finalmente i pareri attesi per avviare la discussione in aula della riforma. Alcune parti che erano in bilico, come la norma ponte che prevede per i segretari comunali tre anni di limbo prima di finire nel ruolo unico dei dirigenti, ha ottenuto il via libera. Anche il cosiddetto «dirigente hi tech», una sorta di responsabile nelle amministrazioni pubbliche per la digitalizzazione, è riuscito a scampare la mannaia delle coperture. Se l’intento del governo di mantenere fermo il testo della riforma sarà mantenuto, i circa 800 emendamenti presentati dai gruppi parlamentari in aula dovrebbero essere tutti bocciati. (Il Messaggero)
Riforma Madia, c’è l’intesa al Senato sui segretari comunali. Passaggio controlli malattia all’Inps previo ok della Stato-Regioni
di Marco Rogari (da Il Sole 24 Ore).Sì alla fase ponte di tre anni prima della definitiva scomparsa della figura dei segretari comunali ma «no» alla possiblità di reclutarle fuori dal ruolo unico della dirigenza per le grandi città. Le indicazioni sono contenute nel parere espresso dalla commissione Bilancio del Senato sui primi sei articoli della delega Pa sulla quale ieri sono cominciate le votazioni in Aula. Tra le condizioni fin qui poste dalla “Bilancio”, anche sulla base dei rilievi mossi dalla Ragioneria generale su alcuni degli emendamenti approvati dalla commissione Affari costituzionali, ci sono la soppressione della clausola che prevedeva il superamento degli automatismi del percorso di carriera dirigenziale e della misura con cui veniva prevista la confluenza nel ruolo unico della dirigenza anche del personale delle Camere di commercio.
Per l’attivazione del nuovo meccanisno di controlli sulle assenze per malattia degli statali, con il passaggio di competenze e risorse all’Inps, la commissione ha suggerito di vincolare l’operazione al preventivo assenso della Conferenza Stato-regioni. Parere positivo invece sul ricorso alla figura del nuovo capo hi-tech chiamato a traghettare la Pa nella nuova era digitale. Nei prossimi giorni la commissione Bilancio espliciterà il parere sugli altri articoli. L’obiettivo del Governo è cercare di ottenere il sì di palazzo Madama prima del 23 aprile, giornata in cui è fissata la votazione sul Def. Ma con tutta probabilità i tempi si allungheranno anche perché il relatore dovrà presentare alcuni emendamenti per tenere conto del parere della Bilancio. Il ministro Marianna Madia ha ribadito che dall’esecutivo non arriveranno nuovi ritocchi. Madia in Aula ha anche precisato che «il Corpo Forestale dello Stato» verrà eventualmente assorbito «in uno degli altri Corpi di Polizia», ma le funzioni di controllo rimarranno intatte sul territorio. Ma da Forza Italia arriva un nuovo no alla soppressione del Corpo.
16 aprile 2016