Ritratto impietoso in un convengo a Milano dei ricercatori della Bocconi. I nostri manager sanitari sono pagati meno dei primari, conferma Monchiero (Fiaso) e hanno poca autonomia dalla politica. Ma Russo (assessore Sicilia) ribatte: “La politica deve prendersi le sue responsabilità nelle nomine”.
I top manager della sanità guadagnano meno dei loro dipendenti e il risultato è che sono sempre meno quelli che vogliono ricoprire questo incarico. Difficile a credersi, ma è proprio così, secondo quanto hanno denunciato oggi docenti dell’università Bocconi e confermato anche i vertici della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie ospedaliere), in occasione del 2° convegno nazionale dell’Academy of Health Care management and economics (partnership avviata nel 2010 dallo Sda Bocconi e da Novartis Farma), svoltosi presso l’ateneo milanese.
“Siamo all’assurdo che i direttori generali – spiega Francesco Longo, professore associato di Economia delle aziende dell’università Bocconi – hanno contratti a progetto, dunque precari, e in media guadagnano 120mila euro lordi l’anno. I direttori amministrativi invece prendono 90mila euro l’anno lordi. In un’azienda sanitaria da 300-400 milioni non è remunerativo per loro lavorare in questo modo”. Sono invece pagati meglio, rileva l’economista, “capi dipartimento e clinici. Ecco perché c’é una fuga dalle poltrone di manager non solo verso il privato, dove le retribuzioni sono superiori anche del 50-60%, ma anche verso i ruoli dirigenziali clinici”. Anzi, come aggiunge Giovanni Monchiero, presidente della Fiaso, “i direttori generali prendono circa 30mila euro in meno dei loro capidipartimento, e i direttori sanitari circa 50mila euro meno”.
Al poco felice status economico dei top manager della sanità, si deve aggiungere la loro scarsa autonomia decisionale. “Le loro nomine sono sempre più politicizzate, anche perché il più delle volte la scelta della triade (tra direttore generale, sanitario e amministrativo ndr) viene fatta in blocco – prosegue Longo – Per evitare vicende e scandali nella sanità come quelli a cui stiamo assistendo in questi giorni servono aziende sanitarie più forti e ben controllate, con manager forti, etici e qualificati, possibilmente provenienti da altre regioni, in modo da ridurre la probabilità che la scelta venga fatta solo in chiave politica”. Per questo, oltre ad una migliore retribuzione, sarebbe necessaria “una loro mobilità interregionale e una selezione di una rosa di esperti da parte di una commissione esterna, su cui poi la politica può scegliere il dirigente. Esperienze del genere si stanno facendo in Puglia e Sicilia”.
Ma proprio sull’eccessiva politicizzazione nelle nomine dei dg della sanità, l’assessore alla Sanità della regione Sicilia, Massimo Russo, non è completamente d’accordo. “Concordo sull’idea di selezionare i migliori professionisti – precisa – ma si deve diventare direttori generali non per concorso, bensì per scelta politica. Perché è la politica che ci deve mettere la faccia. La politica sanitaria deve infatti essere realizzata da una persona di mia fiducia, ma la scelta deve avvenire tra i migliori”. Secondo l’assessore bisognerebbe pensare anche all’istituzione di “albi nazionali per i top manager della sanità – conclude – e non ho nulla in contrario ad una maggiore mobilità dei direttori, quindi a scegliere per asl e ospedali direttori provenienti da altre regioni, se sono i migliori”.
Ma perché vi siano migliori dirigenti e manager, è senz’altro necessario puntare di più sulla formazione. Secondo Angelo Giovanni Rossi, consulente dell’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) “purtroppo non sono molte le Regioni che hanno posto sufficiente attenzione alla formazione dei quadri dirigenti delle proprie aziende. Mentre i sanitari hanno ormai acquisito nel proprio dna la necessità di aggiornamento permanente, non sempre i direttori generali e i quadri dirigenti amministrativi delle aziende fanno lo stesso. E in questo, ripeto, non sempre le Regioni aiutano”.
Quotidiano Sanità – 20 aprile 2012