Peso (di gran lunga) inferiore a quello atteso. Valori di emoglobina troppo bassi. Idem dicasi per la vitamina B12, che se carente può provocare seri danni al sistema nervoso centrale. Scarsa reattività motoria. Così è arrivata al pronto soccorso dell’ospedale pediatrico «Giannina Gaslini» di Genova Chiara, una bambina di nemmeno tre anni, trasferita immediatamente in rianimazione.
Il quadro clinico è stato considerato compatibile con gli effetti di una dieta vegana. Ovvero priva anche dei derivati di origine animale: uova, latte e formaggi. I genitori della paziente adottano lo stringente regime alimentare, che la mamma ha seguito anche nel corso dell’allattamento e nel tempo è stato condiviso anche con la figlia.
Il terzo caso del genere nell’ultimo anno e mezzo, dopo i precedenti di Belluno e Firenze, riporta l’attenzione sugli effetti di una dieta vegana sulla salute. Chi la segue, esclude il consumo di carni animali rosse e bianche, di pesce, frutti di mare e di tutti gli altri prodotti animali come uova, latticini e miele. La dieta vegana si basa quindi essenzialmente sul consumo di cereali, legumi, verdura, frutta, semi, frutta secca. Il 6,3 per cento della popolazione ha eliminato dalla propria dieta carne e pesce, mentre lo 0,4 per cento ha optato per una decisione ancora più drastica che prevede l’esclusione anche del latte e delle uova: ovvero il veganesimo. Che, come si evince dalla lettura del quaderno «Speciale Vegetarianesimo» della Fondazione Umberto Veronesi (scaricabile gratuitamente dopo essersi iscritti al sito), «è una forma di alimentazione che necessita di particolare attenzione per quanto riguarda il bilanciamento quotidiano dei nutrienti. Il regime alimentare vegano, opportunamente integrato con vitamina B12 ed eventualmente calcio, abbassa il rischio d’insorgenza di malattie croniche comuni e invalidanti come il diabete, le malattie cardiovascolari e persino alcune forme di tumore».
A portare i bambini verso il veganesimo sono quasi sempre i genitori, nella maggior parte dei casi per ragioni etiche (e non salutistiche). Ma se negli adulti la scelta è sostenibile, a fronte di un’integrazione dietetica, più complesso è adeguare l’alimentazione di un bambino che segue una dieta vegana. Nei primi anni di vita è infatti più alta la richiesta di proteine ad alto valore biologico, ricche cioè di amminoacidi essenziali – quelli che l’uomo non sintetizza da sè: fenilalanina, isoleucina, istidina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina – e più facilmente assorbibili e digeribili. Lo stesso discorso può essere esteso alla vitamina B12, il cui apporto è fondamentale per un corretto sviluppo neurologico.
«Quando ci si trova di fronte a dei genitori vegani che chiedono di poter far mangiare il proprio figlio secondo quella che è la loro dieta, occorrerebbe consigliare loro di rimandare la scelta all’inizio dell’età scolare e di adottare, nel frattempo, la dieta vegetariana – afferma Elena Dogliotti, ricercatore e biologo nutrizionista della Fondazione Umberto Veronesi -. Un bambino potrebbe anche crescere regolarmente seguendo una dieta vegana, ma il suo stato di salute andrebbe monitorato in maniera molto più stringente rispetto a quanto non facciano i coetanei onnivori o vegetariani. Come? Attraverso il dosaggio delle vitamine, la valutazione dello stato nutrizionale, il monitoraggio del peso e della qualità della massa muscolare. Tutti esami volti a identificare eventuali carenze e a intervenire in maniera tempestiva con adeguati supplementi. Alcuni genitori sono disposti a seguire questo iter, piuttosto complesso. Mentre in tutti gli altri casi conviene ragionare con loro e posticipare una simile scelta per non mettere a rischio la salute di un bambino».
Huffington post – 25 luglio 2016