Se lo Stato riuscisse a dimezzare l’evasione fiscale di imprese e lavoratori autonomi, avrebbe risorse a sufficienza per tagliare il cuneo fiscale che strozza la produttività del Paese, zavorrando gli stipendi e la ripresa economica: nel 2020 il 68,7% ha evaso le tasse sottraendo alll’Erario 27 miliardi di euro. E d’altra parte l’intento dichiarato dall’esecutivo, con l’innalzamento da 65mila a 85mila euro della «flat tax area» al 15% per le partite Iva, è proprio questo. Peccato che i numeri dimostrino il contrario.
Il gettito in calo
Bruno Anastasia, ex direttore dell’Osservatorio sul mercato del lavoro regionale di Veneto Lavoro, su la Voce.info ha calcolato che il gettito Irpef degli autonomi è progressivamente sceso dal 2018 al 2020, quando è entrata in vigore la flat tax voluta dal governo gialloverde: i versamenti ammontavano a 6,2 miliardi nel 2018, sono scesi a 5,3 miliardi l’anno dopo e sono calati a 5,2 miliardi nell’anno della pandemia. Difficile ipotizzare che possano tornare a salire con l’allargamento della platea di 100mila partite Iva. L’interesse però è alto e lo confermano i picchi di ricerche su Google relativi a «lavoratori autonomi».
Il taglio del cuneo
D’altra parte, mentre i dipendenti con redditi fino a 35mila euro si devono accontentare di un taglio di due punti del cuneo fiscale, gli autonomi si trasformano in contribuenti di serie A. «Un professionista con ricavi pari a 85mila e quindi redditi per 53.703 euro pagherà 9.964 euro di tasse in meno di un dipendente o un pensionato con lo stesso reddito» calcola Maria Cecilia Guerra, deputata Pd ed ex sottosegretaria al Mef che poi aggiunge: «Chi rientra nel regime di flat tax non versa un euro per sostenere i comuni e le regioni perché l’imposta ingloba Imu, Irap e addizionali. E di conseguenza se ci fosse un aumento delle imposte locali per sostenere la sanità, sarebbe tutto a carico dei lavoratori dipendenti». Come a dire che si «rende ancora più iniquo il sistema fiscale».
Certo, a differenza dei lavoratori dipendenti, gli autonomi non hanno ferie, tredicesime e malattie pagate. E per questo Mattia Pirulli, segretario generale di Felsa Cisl, sposta l’obiettivo dalla tassazione alle tutele: «La maggior parte delle partite Iva ha un solo committente, bisogna intervenire per garantire loro più diritti. Non credo che un dipendente possa avere interesse a rinunciare al proprio contratto in cambio di una tassazione più favorevole. Temo, piuttosto, che possano essere le aziende a spingere i lavoratori ad accettare contratti meno strutturati». L’opposto di quello che detto ieri a La Stampa il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, secondo cui «alcuni dipendenti iniziano a dire alla imprese che preferiscono passare a partita Iva, così risparmiano sulle tasse». D’altra parte quello delle false partite Iva è un problema annoso: per le imprese un collaboratore non contrattualizzato è molto più conveniente di un dipendente.
Il nodo progressività
«Il mondo degli autonomi – incalza Guerra – include anche i parasubordinati. A conferma del fatto che non servono gli sconti fiscali, ma le tutele. Peraltro gli incentivi come la flat tax sono vantaggiosi soprattutto per i professionisti che non devono sostenere alti costi. Abbiamo bisogno di progressività fiscale ed equità. La flat tax non garantisce né l’una né l’altra». Anche perché con un reddito imponibile medio di 28mila euro l’anno e appena il 6,7% di partite Iva con un reddito superiore a 80mila euro, la possibilità che tante siano monocommitenti, nascondendo di fatto un rapporto parasubordinato, è alta.
I timori della Cisl
«Non credo che ci possa essere un aumento delle partite Iva a danno dei dipendenti, ma senza una stretta sui controlli, senza una vera lotta all’evasione fiscale, la propensione a non pagare le imposte è destinata a rimanere elevata» spiega Tancredi Marino, responsabile del dipartimento Tax dello studio legale internazionale Dwf che poi dice: «Fino a quando è stato ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, lo Stato lavorava sull’analisi incrociata delle banche dati, oggi la situazione è cambiata radicalmente e l’aumento del debito pubblico, al netto della pandemia lo dimostra».
Gli eventuali abusi
Come a dire che si possono anche allargare le maglie del fisco, a patto di avere la volontà e la capacità di verificare rapidamente eventuali abusi. Un eventualità messa in dubbio dai numeri sull’evasione fiscale degli autonomi. E che rischia di colpire ancora più duramente i dipendenti penalizzati da una tassazione iniqua e non progressiva. «I beneficiari della flat tax vivono sulle spalle degli altri» chiosa Guerra. —
La Stampa
24 novembre 2022