Mobilità, rafforzamento dei sistemi di valutazione delle perfomance. E, soprattutto, armonizzazione della riforma Fornero sul lavoro con quella del pubblico impiego entro la fine dell’anno. Su queste coordinate, in parte tracciate dalla prima fase della spending review, dovrà essere orientata la partita sul pubblico impiego. Che è già considerata una delle più delicate di autunno. Anche se il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, continua a garantire che non ci sarà alcun intervento invasivo. Ma la riorganizzazione degli statali resta un punto fermo anche nell’agenda di Governo che è stata stilata venerdì dal premier Mario Monti. E i sindacati sono in allarme. Intanto per il 4 settembre è previsto un vertice tra ministro e sindacati. Leggi l’articolo del Sole 24 Ore
Tra i dossier che il governo si appresta a (ri)aprire a settembre c’è anche quello degli statali. Nel documento che riporta le 120 idee per la ripresa, diffuso al termine del consiglio dei ministri-seminario di venerdì, una riga è dedicata anche alla possibile «armonizzazione della disciplina di riforma del mercato del lavoro privato con quella del lavoro pubblico». Cosa significa? Che le modifiche dell’articolo 18 che rendono meno difficile il licenziamento oltre che per i privati varranno anche per 3,5 milioni di lavoratori pubblici? Dai corridoi di Palazzo Chigi filtra un’estrema prudenza. «E’ un punto generico tenuto in agenda in vista del confronto con i sindacati ma andrà riempito di contenuti», spiegano dallo staff governativo. Affermazioni generiche ma nessuna smentita.
Del resto sull’applicazione dell’articolo 18 agli statali da tempo è in corso nel governo un braccio di ferro fra il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, favorevole a regole uguali per tutti, e il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, contrario sulla base delle sentenze della Corte Costituzionale. Sentenze che come lo stesso ministro ha spiegato impediscono al politico di turno, datore di lavoro del dipendente pubblico, di ricorrere al licenziamento senza giusta causa perché potrebbe essere un’arma di pressione o di ricatto.
Fatto sta che ieri il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, è tornato a chiedere con forza chiarezza sulla questione. Un’irritazione da non sottovalutare perché finora la Cisl non ha proclamato scioperi contro le proposte del governo per gli statali al contrario di Cgil e Uil che scenderanno in piazza il 28 settembre.
E infatti anche Michele Gentile, coordinatore Cgil per gli statali, suona l’allarme. «Il governo deve chiarire cosa vuol fare sulle regole d’uscita ma anche sui precari. Vogliono ridurre le Province ma cosa faranno i 60 mila dipendenti provinciali? E quelli delle Prefetture anch’esse in via di accorpamento? Il governo sa che trasferire personale alle Regioni fa aumentare i costi? Manca una regia unica». Regia di cui si potrebbe discutere il 4 settembre quando è previsto un vertice fra il ministro e i sindacati.
Il vertice è particolarmente atteso anche perché la spending review ha avviato la riduzione delle le piante organiche del 20% dei dirigenti e del 10% per gli impiegati. Si parla di circa 5.500 «esuberi» per i quali dovrebbe scattare una sorta di accompagnamento dolce alla pensione. Ma le regole per l’esodo sono ancora tutte da scrivere.
Il Messaggero – 26 agosto 2012 – riproduzione riservata