di Davide Colombo. La «revisione organica» delle retribuzioni dei dipendenti pubblici seguirà. Mentre da subito scatta il taglio alle buste paga della dirigenza. Tutta la dirigenza: quella delle amministrazioni centrali e delle amministrazioni non statali, degli enti pubblici e della società non quotate. Ma anche per le magistrature, gli organi costituzionali, le Authority e Bankitalia. E anche le casse privatizzate e gli altri enti che ricoprono una funzione pubblica e rientrano nell’elenco Istat. L’intervento, a più riprese annunciato dal premier, avrà come riferimento l’assegno lordo del capo dello Stato, ovvero 239mila euro annui. I dirigenti di 1a fascia non titolari di incarico di capo dipartimento non potranno superare un tetto fissato a un livello inferiore del 22% (ovvero un massimo di 185.640 euro) di quello del presidente, quelli di 2a fascia un tetto fissato a un livello inferiore del 54% (109.480), mentre il resto del personale non potrà superare lo stesso limite ridotto del 60% (95.200).
Naturalmente non sono esclusi affinamenti e sorprese dell’ultima ora. Se si prende in considerazione la sola dirigenza contrattualizzata che risulta dal conto economico Mef-Ragioneria per l’anno 2012 si parte da una platea minima di oltre 156mila dirigenti in vario modo interessati.
La riduzione scatterà dal 1?maggio e resterà in vigore fino al 31 dicembre nelle more della revisione complessiva che, per l’appunto, la renderebbe strutturale. Le somme da prendere come base per il taglio alla busta paga comprendono «in modo cumulativo» tutti i compensi, anche nel caso di incarichi plurimi. Il tetto dei 239mila euro lordi varrà anche per i membri dei consigli di amministrazione della società, restando tuttavia da sciogliere il «nodo» che riguarda quelle quotate. Resta da quantificare ma è previsto un taglio anche per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale nei casi in cui si superi il limite fissato per i dirigenti di seconda fascia. Come detto il taglio dovrà essere confermato, nel rispetto delle rispettive autonomie, da Bankitalia e da tutte le Authority indipendenti. Gli adeguamenti dovranno essere adottati entro 30 giorni dal varo del decreto, dovranno tener conto del tetto indicato e nel periodo transitorio dovranno comunque garantire un risparmio del 5% sulla spesa per i dirigenti in servizio. Stesso discorso vale per i dirigenti degli enti pubblici non economici, le aziende e le controllate non quotate: adeguamenti ai nuovi parametri entro 30 giorni.
Nell’ultima versione della bozza del decreto circolata ieri, viene perfezionato l’intervento sulle “buste paga” dei 15 giudici della Corte costituzionale, per i quali il tetto dovrebbe essere attorno ai 360mila euro lordi l’anno (si parla del tetto del presidente della Repubblica «aumentato della metà») mentre al presidente della Consulta verrebbe riconosciuta comunque un’indennità di rappresentanza pari a un quinto della retribuzione complessiva. Altra deroga che, se confermata, farà certo discutere, riguarda i cosiddetti “contratti d’opera”. In pratica gli artisti pagati dallo Stato e dalla Rai, saranno esentati dal tetto. Per le magistrature il taglio dovrà essere di almeno il 5%, Taglio del 20% sugli uffici di diretta collaborazione dei ministeri, mentre la spesa per consulenze non potranno superare lo 0,4% dei costi del personale delle amministrazioni che le adottano.
Il Sole 24 Ore – 18 aprile 2014
Pronto il tetto agli stipendi. I dirigenti divisi in quattro fasce. Riduzioni anche per Bankitalia e organi costituzionali
di Paolo Baroni. Per gli stipendi della pubblica amministrazione arriva un nuovo tetto, nessuno potrà guadagnare più del presidente della Repubblica e quattro fasce di reddito a cui allinearsi: 238.000 e poi 185.640, 109.480 e 95.200 euro.
Nessuno dovrebbe restare indenne da questa maxi operazione di revisione dei compensi che già quest’anno dovrebbe consentire allo Stato di risparmiare circa 240 milioni di euro (4-500 a regime). Il governo, infatti, col «decreto Irpef-Spending» che sarà varato oggi dal Consiglio dei ministri, si aspetta che anche «ciascun organo costituzionale, la Banca d’Italia e le autorità indipendenti» pur «nel rispetto dei propri ordinamenti» applichi lo stesso principio riducendo i trattamenti del personale e comunque assicuri una riduzione della propria spesa annua. Taglio che secondo le indiscrezioni potrebbe arrivare anche al 5%. E ovviamente ci si aspetta che anche i magistrati facciano lo stesso: ma «nel rispetto della loro autonomia e indipendenza» spetterà agli organi di autogoverno fornire «in forma unitaria al governo indicazioni circa la modalità di revisione dei trattamenti». E comunque anche questo comparto a partire da maggio deve assicurare la sua quota di risparmi.
Chi perde di più
Con magistrati, authority e organi costituzionali Renzi usa tutta la cautela possibile, ma qualora l’operazione andasse in porto l’attuale compenso del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, che ammonta a 495mila euro – ad esempio – verrebbe dimezzato; come quello del segretario generale della Camera, Ugo Zampetti (471mila euro lordi/anno). I presidenti delle Authority, da Pitruzzella dell’Antitrust a Vegas della Consob dovrebbero invece rinunciare a circa 60mila euro. E tanti altri dirigenti «perderebbero» molti soldi.
Col resto della «pa» il governo procede invece senza tentennamenti. Mettendo tra l’altro in chiaro che nei 4 nuovi tetti va compreso ogni tipo di compenso o emolumento erogato dalle pubbliche amministrazioni: tutto farà insomma cumulo. E così finiscono obbligatoriamente sotto quota 238mila sia Segretario generale che capi dipartimento di palazzo Chigi e di tutti i ministeri, gli ambasciatori, i vertici dei corpi di polizia e delle forze armate, il capo della Polizia, quello della Forestale ed il capo dipartimento Polizia penitenziaria. E ancora: i segretari generali (o figure equivalenti di vertice) di Regioni e Province autonome ei direttori generali di enti pubblici ed enti di ricerca da cui dipendano almeno 4 strutture dirigenziali di livello generale. In pratica tutti i cosiddetti dirigenti «apicali».
Prefetti e Generali
Immediatamente sotto, parliamo della fascia che dovrà restare sotto i due tetti centrali (185mila e 109 mila euro) troviamo invece ministri plenipotenziari e consiglieri d’ambasciata, direttori (generali, di dipartimento e di istituto) dei enti pubblici e di ricerca, dirigenti coordinatori delle Regioni, segretari generali delle camere di commercio, direttori generali delle città metropolitane, segretari provinciali e segretari di fascia a e B con incarico aggiuntivo di direttore generale, nelle università i professori ordinari nelle forze armate generali di corpo d’armata e di divisione, dirigenti generali dei corpi di polizia e dei vigili del Fuoco e i prefetti. Ancora più sotto poi il decreto del governo individua una quarta fascia composta di fatto dai gradi più bassi della dirigenza: dirigenti del Servizio sanitario nazionale, consiglieri di legazione della Farnesina, medici, professionisti legali, dirigenti di ricerca e tecnologi degli enti pubblici non economici e degli enti di ricerca, e ancora dirigenti di Comuni capoluogo e Regioni, delle camere di commercio, dirigenti scolastici e incaricati delle presidenze, nelle università professori associati, incaricati e straordinari, quindi generali di brigata e colonnelli, dirigenti superiori e primi dirigenti delle forze di polizia e viceprefetti.
La protesta dei magistrati
A parte i manager delle società quotate, quelli di Poste e delle Fs nessuno si salva. Non sorprende dunque che inizino le proteste. Già ieri si sono fatti sentire i magistrati: Anm, associazioni dei magistrati amministrativi e togati del Csm.
La Stampa – 18 aprile 2014