La Commissione Affari costituzionali della Camera ha dato il via libera al Decreto Pa, che sarà da lunedì in aula a Montecitorio, riservando una spiacevole sorpresa ai dirigenti pubblici. Per effetto di un emendamento potranno essere pensionati con quattro anni di ainticipo rispetto ai requisiti previsti dalla riforma Fornero. Per quanto riguarda la mobilità, servirà la trattativa con il sindacato. Via libera della commissione alle pensioni di anzianità. Addio ai disincentivi della riforma Fornero per chi lascia con 42 anni e 3 mesi di contributi ma senza i 62 di età. Medici e docenti universitari recuperano un anno: il trattamento di vecchiaia potrà scattare a 65 anni e non più a 66. Sempre in zona previdenziale va poi ricordata la reintroduzione di “quota 96” per 4mila insegnanti. Le novità. Il testo della riforma Pa inviata all’aula
L’ultima maratona notturna in commissione Affari costituzionali della Camera ha riservato una spiacevole sorpresa ai dirigenti della Pa. Che, per effetto di un emendamento del relatore Emanuele Fiano (Pd) potranno di fatto essere “pensionati” con 4 anni di anticipo rispetto ai requisiti previsti dalla riforma Fornero per i trattamenti di vecchiaia e rendere così più semplice la “staffetta generazionale”. Ma il restyling di venerdì notte – che ha portato all’ok in sede referente sul testo che da domani sarà all’esame dell’aula di Montecitorio (quasi certamente con la fiducia) – è intervenuto anche su quelli di anzianità. Eliminando i disincentivi previsti dal decreto salvaItalia del 2011 per chi lascia il lavoro in anticipo.
Sono solo gli ultimi ritocchi in ordine di tempo al Dl Madia che si sommano alle numerose modifiche varate nei giorni scorsi. Ad esempio, su “quota 96” per gli insegnanti, sul turn over che renderà più facile le assunzioni, sui poteri dell’Anticorruzione e sulla concertazione con i sindacati per la mobilità obbligatoria. Cambiamenti che, a detta della ministra della Pubblica amministrazione, sono stati guidata dalle logiche di «cambiamento ed equità» e sono serviti a migliorare il testo.
Come detto, le novità più salienti riguardano le pensioni. Da un lato, viene estesa ai dirigenti la possibilità di essere collocati d’ufficio in quiescenza da parte dell’amministrazione una volta raggiunti i 62 anni d’età, fermi restando i 42 anni e tre mesi di contributi maturati, come oggi accade per i dipendenti. Impedendo loro, di fatto, di optare per i 66 anni e 3 mesi necessari al pensionamento di vecchiaia. Due le deroghe già fissate: l’esenzione per i magistrati (che lasceranno a 70 anni) e l’innalzamento a 65 anni per medici e professori universitari. Dall’altro lato, si interviene sulle penalizzazioni della riforma Fornero per le uscite anticipate. Chi conseguirà entro il 2017 i 42 anni e 3 mesi di contributi richiesti per i trattamenti di anzianità potrà abbandonare il lavoro anche prima dei 62 anni senza subire alcuna decurtazione dell’assegno (1% per gli scostamenti di un anno, 2% da due anni in su).
Sempre in zona previdenziale va poi ricordata la reintroduzione di “quota 96”, intesa come somma di età anagrafica e contributiva, per 4mila insegnanti. I quali potranno presentare domanda di pensionamento all’Inps dopo la conversione in legge del decreto e a patto di rinviare il conseguimento della liquidazione (il Tfs per gli statali) fino alla data di pensionamento prevista attualmente per effetto della riforma Fornero. Una misura che costerà a regime circa 100 milioni da coprire con un inasprimento della spending review prevista dalla legge di stabilità 2014.
Vale la pena soffermarsi sul pubblico impiego. Innanzitutto sul turn over più facile: le assunzioni andranno fatte sulla base di soli parametri di spesa. E poi sulla mobilità obbligatoria entro i 50 chilometri. I criteri per applicarla andranno concordati con i sindacati;gli spostamenti da un ente all’altro dei genitori con figli fino a 3 anni o disabili sarà solo volontaria (servirà cioè il loro consenso). Novità anche per i vertici di Bankitalia, Ivass e Consob che, nei due anni successivi alla cessazione dell’incarico, non potranno intrattenere rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati. A questo si somma il divieto di incarichi dirigenziali per i pensionati della Pa.
In commissione il decreto Pa ha visto crescere infine i poteri del presidente dell’Authority anticorruzione (Anac), Raffaele Cantone. La sua vigilanza sui contratti d’appalto a rischio coinvolgerà pure le concessionarie e potrà proporre commissariamenti anche quando il procedimento penale non sia stato ancora aperto (informando il procuratore della Repubblica).
Mobilità. Sui criteri tornano in gioco i sindacati
Nientemobilità obbligatoria per i dipendenti con bimbi sotto i tre anni, né per i genitori con figli disabili. Il trasferimento ad altro ufficio, sempre nell’arco dei 50 Km, non partirà senza il loro consenso. Sindacati poi di nuovo in gioco, almeno per la definizione dei criteri attraverso cui spostare un lavoratore da un ente all’altro. I principi saranno infatti definiti da un decreto ministeriale, ma previa «consultazione con le organizzazioni rappresentative»
Mansioni. Demansionamento fino a un solo livello
Si conferma la possibilità di assegnare nuove mansioni al personale nell’ambito dei posti vacanti. Con la specifica che il «demansionamento» è ammesso soltanto fino a un solo livello inferiore. Si prevede anche che l’avvio di procedure concorsuali e le nuove assunzioni, pure a tempo determinato, per un periodo superiore a 12 mesi sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità
Turnover. Cresce lo spazio per le assunzioni
Si allargano sia nell’amministrazione centrale sia negli enti locali i parametri del turn over, che si basano esclusivamente sulla spesa e cancellano il criterio “per teste”. Già nel 2014, gli enti locali e gli enti di ricerca possono dedicare alle assunzioni il 50% dei risparmi ottenuti con le cessazioni dell’anno precedente. Si amplia inoltre, in queste due categorie di amministrazioni, la possibilità di affidare incarichi esterni
Statali pensionabili già all’età di 62 anni magistrati via a 70. Medici e professori, soglia a 65
Prepensionamenti d’ufficio e obbligatori per gli statali che dovranno lasciare i lavoro al raggiungimento di 62 anni di età (e di 42 anni e sei mesi di contributi) invece dei 66 anni e 3 mesi previsti. Abbandono forzoso, quando naturalmente ci saranno motivi organizzativi rilevanti, anche per medici e professori universitari che dovranno lasciare il lavoro a 65 anni invece di rimanere fino ai 70. Vanno in pensione anche 4.000 insegnanti, dalle elementari alle scuole medie, che erano rimasti bloccati dalla riforma Fornero nel 2012: sono rimasti al lavoro due anni in più ma da settembre potranno abbandonare con il vecchio requisito di «quota 96» (60-61 anni più 36-35 anni di contributi raggiunti nel 2012). «Largo all’assunzione di 4.000 giovani insegnati », ha commentato il presidente della Commissione Bilancio, Boccia (Pd).
Sono queste le novità apportate al decreto-Madia sulla pubblica amministrazione l’altra notte presso la commissione Affari costituzionali della Camera: il decreto è atteso domani in aula, per poi passare al Senato. Sventato nella notte il blitz della forzista Centemero che, sulla responsabilità dei medici, aveva proposto un emendamento con l’inversione dell’onere della prova: avrebbe dovuto essere il paziente-vittima a dimostrare l’errore del medico e non il medico stesso come accade oggi.
Un’altra norma, improntata allo «svecchiamento» della pubblica amministrazione riguarda l’istituto del trattenimento in servizio che nello Stato può comportare una proroga al lavoro per due anni: la possibilità viene can- cellata. Deroghe restano in vita per i militari che hanno una propria normativa che prevede il cosiddetto “richiamo” in servizio. Per quanto riguarda i magistrati viene confermata la decisione di Palazzo Chigi di portare a 70 anni l’età pensionabile rispetto ai 75 attuali con la deroga al dicembre 2015 per chi compie 70 anni al ridosso dell’entrata in vigore della legge. Quindi non viene accolta la richiesta da parte delle toghe di un ulteriore slittamento al 2016. Ai magistrati non sarà applicata invece la norma che prevede il prepensionamento d’ufficio, nel caso del raggiungimento dei 42 anni e sei mesi di anzianità contributiva. I magistrati, ordinari, contabili o amministrativi, non potranno inoltre più collocarsi in aspettativa per assumere incarichi nei gabinetti dei ministri o semplici consulenze. La misura, anche retroattiva, riguarda un paio di magistrati impegnati nei ministeri.
Novità anche sul calcolo degli anni contributivi validi al fine di raggiungere i 42 anni per andare — in questo caso volontariamente — in pensione di anzianità. Un emendamento di Luisa Gnecchi (Pd) ha abolito la norma della Fornero che calcolava gli anni al netto degli anni di riscatto della laurea, di congedi o giorni di sciopero: non si parlerà più di anni «effettivi» di lavoro ma semplicemente di anni di lavoro.
Sul piano dei conti pubblici ci sono naturalmente dei costi tant’è che ieri l’ex ministro del Lavoro Damiano si è augurato che il Tesoro «non ostacoli la misura»
Il Sole 24 Ore e Repubblica – 27 luglio 2014