Roberto Giovannini. Disgelo tra i sindacati dei pensionati e il governo. Ieri, nel corso di un incontro tra i leader delle organizzazioni degli anziani di Cgil-Cisl-Uil e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, si è deciso di avviare un «tavolo di confronto permanente» sulle pensioni in vista della prossima legge di stabilità. Il confronto – assolutamente inedito, visto lo stato dei rapporti tra il governo Renzi e i sindacati – comincia il 16 luglio, e sostanzialmente mira ad accompagnare, esaminando nel merito delle proposte, i possibili cambiamenti al sistema di perequazione delle pensioni.
In teoria al tavolo (una volta si sarebbe chiamato di «concertazione») non si dovrebbe discutere di un altro tema previdenziale «caldo», ovvero la modifica in senso «flessibile» del sistema di uscita dalle pensioni annunciata dal premier. Eppure, il segnale c’è, e nei commenti i sindacalisti di Spi-Cgil, Fnp Cisl e Uilpensionati (Carla Cantone, Gigi Bonfanti e Romano Bellissima) hanno espresso la loro soddisfazione. In verità, un altro elemento di grande condivisione è emerso al tavolo di ieri: i tre sindacalisti hanno chiesto chiaro e tondo al ministro Poletti di «mettere al suo posto» il presidente dell’Inps Tito Boeri. «Non siamo per niente soddisfatti del suo comportamento – ha detto Cantone – non è vietato parlare e dire quel che pensa, ma non è il proprietario dell’Inps e non può provocare sempre preoccupazioni tra i pensionati con affermazioni che sentiamo in tv e leggiamo sui giornali. Speriamo ci convochi». Nel mirino c’è in particolare quella che viene definita «l’ossessione sul ricalcolo retributivo-contributivo» di Boeri.
Non è un segreto che molte delle proposte di Boeri non piacciano neanche a Poletti, che non vedrebbe di cattivo occhio un certo ridimensionamento del numero uno Inps. Ieri però Boeri ha replicato a muso duro: «Il ruolo dell’Inps è propositivo – ha detto a un convegno, dicendosi pronto a convocare i sindacati – ma mi lascia un po’ stupito che questi stessi sindacati non abbiano detto nulla sull’anticipo dei pagamenti di tutte le pensioni al primo del mese, sul montante contributivo, e sul fatto che c’erano delle categorie che vivono alle spalle di altri».
La Stampa – 16 giugno 2015