Si applica una multa da 300 a 3mila euro per la combustione di scarti vegetali provenienti da aree verdi. Pugno di ferro contro i roghi illeciti di rifiuti dopo il caso terra dei fuochi, con il debutto di un reato che va a integrare il Codice ambientale di una nuova fattispecie.
È approdata sulla «Gazzetta Ufficiale» dell’8 febbraio la legge 6 febbraio 2014, n. 6, la quale, con modifiche, ha convertito il Dl 10 dicembre 2013, n. 136, il cosiddetto “decreto terra dei fuochi”. Il provvedimento è entrato in vigore il giorno successivo, e cioè lo scorso 9 febbraio.
L’articolo 3 del provvedimento è dedicato alla «combustione illecita dei rifiuti», che ora diventa una nuova specifica ipotesi di reato punita con la reclusione da tre a sei anni. Un reato di pericolo che si aggiunge a quelli già previsti in materia di rifiuti dal Codice ambientale (decreto legislativo 152/2006), che ora si arricchisce con il nuovo articolo 256 bis. La norma si applica su tutto il territorio nazionale anche se prende spunto dai tragici roghi che, da due decenni, offendono il territorio ricompreso tra Napoli e Caserta.
A ben guardare, tuttavia, il nuovo articolo 256 bis aggiunto al Codice ambientale introduce due ipotesi delittuose; infatti, il comma 1 si applica a «chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata». Invece, il comma 2 si applica a chi (soggetto privato o impresa) deposita o abbandona rifiuti, oppure li rende oggetto di un transito transfrontaliero illecito in funzione della loro «successiva combustione illecita».
Per le previsioni delittuose di entrambi i commi è prevista la reclusione tra i 2 e i 5 anni per i rifiuti non pericolosi, che aumenta da 3 a 6 se i rifiuti sono pericolosi. L’entità della pena giustifica la custodia cautelare in carcere. In sede di conversione, sono state introdotte le aggravanti che aumentano la pena di un terzo se il reato è commesso in un territorio il quale, all’atto della condotta e «comunque nei cinque anni precedenti», era in situazione di emergenza ai sensi della legge 225/1992.
Stesso aumento di pena se il delitto è commesso nell’ambito dell’attività di un’impresa o di un’attività comunque organizzata. Tutto questo, invece, non si applica alla combustione dei «rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali», a cui invece si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro (aumentata fino al doppio se i rifiuti sono pericolosi). In ogni caso, e opportunamente, tutto questo apparato sanzionatorio si applica «salvo che il fatto costituisca più grave reato» (si pensi al disastro doloso aggravato per il quale è prevista la reclusione da 3 a 12 anni).
Il comma 3 del nuovo articolo 256 bis pone la responsabilità per «omessa vigilanza sull’operato degli autori materiali del delitto» a carico del titolare dell’impresa o del responsabile dell’attività organizzata anche non in forma di impresa. Costoro saranno puniti anche con le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, del Dlgs 231/2001: interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrattare con la pubblica ammnistrazione (salvo per ottenere prestazioni di pubblico servizio); esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi.
I mezzi usati per il trasporto dei rifiuti bruciati saranno confiscati a meno che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte e questa non abbia operato in concorso con i responsabili.
Il Sole 24 Ore – 11 febbraio 2014