Il lavoratore può ottenere una pensione che tenga conto anche dei contributi dovuti e non versati sulla maggiore retribuzione percepita, ma ciò «solo nell’ambito del periodo di prescrizione dei contributi medesimi» (Cassazione sentenza n. 10119/12).
Il caso
Nei due gradi del giudizio di merito una lavoratrice si vedeva rigettare la domanda, proposta contro l’Inps, di condanna alla ricostituzione del trattamento pensionistico, in quanto – secondo la lavoratrice – dovevano essere computati anche i contributi non versati dagli ex datori di lavoro, «da calcolare sui maggiori importi delle retribuzioni percepite nel corso degli anni e non denunciate ai fini previdenziali». In sintesi, a parere dei giudici, «il diritto alle prestazioni previdenziali sorge solo in presenza dei presupposti di legge e quindi il diritto non sussiste in mancanza di contribuzione».
Contributi dovuti, ma nei limiti della prescrizione. La lavoratrice presenta ricorso per cassazione e afferma che una volta accertata da parte del giudice la sussistenza di un rapporto di lavoro per il quale doveva essere effettuata la contribuzione, si deve ritenere soddisfatto «il requisito contributivo nei limiti della prescrizione decennale (attualmente quinquennale) dei contributi, decorrente dal giorno in cui gli stessi dovevano essere versati».
Le prove richieste dovevano essere ammesse. Principio che la Corte di Cassazione condivide. Infatti, la sentenza impugnata ha errato nel non ammette le prove richieste dalla lavoratrice sull’esistenza del rapporto di lavoro e sulle maggiori retribuzioni non percepite. La sentenza viene quindi cassata con rinvio ad altro giudice.
Senza poi un allungamento della prescrizione per colpire i corrotti, sollecitata dall’Europa, “ogni modifica legislativa rischia di restare vana in quanto le statistiche dimostrano che il principale ostacolo nella repressione del fenomeno sta nell’attuale sistema di calcolo e nei termini troppo brevi della prescrizione”.
La Stampa – 19 ottobre 2012