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    Home»Notizie ed Approfondimenti»Due anni con il virus la paura è al minimo ma non tra i giovani. Il senso di inquietudine rimane in sette italiani su dieci. Sondaggio condotto da Demos per Repubblica
    Notizie ed Approfondimenti

    Due anni con il virus la paura è al minimo ma non tra i giovani. Il senso di inquietudine rimane in sette italiani su dieci. Sondaggio condotto da Demos per Repubblica

    Cristina FortunatiInserito da Cristina Fortunati21 Febbraio 2022Nessun commento4 Minuti di lettura
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    Ilvo Diamanti. Oggi ricorre il secondo anniversario del Coronavirus in Italia. Un evento che nessuno intende celebrare. Noi per primi. Ma che non dobbiamo dimenticare. Due anni dopo, però, la preoccupazione, in Italia, scende al livello più basso degli ultimi due anni. Da quando è apparso chiaro che il contagio ci coinvolgeva direttamente. È quanto emerge dal recente sondaggio condotto da Demos per Repubblica.
    Va sottolineato, peraltro, come il senso di inquietudine continui a coinvolgere quasi 7 italiani su 10. In modo molto o abbastanza intenso. Tuttavia, nel febbraio 2020 i segnali della sua presenza erano ancora lievi. Appariva un nemico lontano, in arrivo dalla Cina. E non ci rendevamo conto che “La Cina è vicina”, per citare il titolo di un noto film di Bellocchio. Pochi giorni dopo, però, il Covid diviene noto a tutti. E il “virus della paura” contamina la società. In misura non necessariamente coerente con la crescita del contagio. Perché il sentimento evolve seguendo altre e diverse tendenze. E contro-tendenze. Nell’estate del 2020, in particolare, la preoccupazione scende sensibilmente insieme alla sensazione (e all’auto- convinzione) che il virus stia concludendo il suo viaggio tra di noi. Il clima estivo, infatti, riduce gli spazi della diffusione virale. Così, molti si illudono che la minaccia sia alla fine. E così finisce l’autoreclusione. O meglio (peggio), il distanziamento sociale, per citare una definizione ministeriale, che evoca il declino della società. Una tendenza reale. Alcune indagini, infatti rilevano come la partecipazione sociale e associativa, nel 2020, crolli. E nel 2021 appaia pressoché dimezzata: dal 50% al 25-30%.
    D’altra parte, la sospensione della paura, nell’estate 2020, aveva generato il ritorno alla e della vita sociale. Nelle piazze e nei quartieri. Con la conseguente e altrettanto improvvisa ripresa dei contagi. Soprattutto fra i giovani. Che, in precedenza, erano stati risparmiati. E, per questo, si erano illusi di essere immuni. Non era e non è, ovviamente, così. E oggi appaiono, infatti, i più preoccupati. Soprattutto gli studenti, provati dall’esperienza della Dad, la didattica a distanza. Che, come abbiamo scritto in altre occasioni, riproduce la Sad, la Società a distanza. Cioè, la non-società. L’indice di preoccupazione, in Italia, fino a un anno fa, coinvolgeva l’80-90% dei cittadini. In larga maggioranza “molto” inquieti. Con riflessi importanti sul piano della salute sociale. Mentre avvengono cambiamenti significativi sul piano politico e istituzionale, a cui abbiamo dedicato attenzione in diverse occasioni. Il clima di paura e insicurezza, in particolare, ha generato una crescente domanda di protezione pubblica. E, al tempo stesso, di autorità. Si tratta di orientamenti diffusi che hanno accentuato la tendenza alla personalizzazione non tanto dei partiti, ma delle istituzioni stesse e dello Stato. Così si spiega il crescente consenso intorno al presidente del Consiglio, soprattutto dopo l’incarico a Mario Draghi, un anno fa. E, in precedenza, allo stesso Giuseppe Conte.
    Lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha raggiunto indici di fiducia molto più elevati che in precedenza. A maggior ragione dopo la recente rielezione. Mentre i partiti hanno perduto ulteriormente fiducia, presso i cittadini. In altri termini, sta cambiando la nostra democrazia.
    Tuttavia, l’evoluzione della paura virale, nell’ultimo anno, mostra come si stiano riducendo le componenti più inquiete. Negli ultimi mesi, il peso di coloro che si dicevano “molto preoccupati” si è sensibilmente ridimensionato. Costituiva il 56% dei cittadini, lo scorso marzo, nei mesi seguenti si è ridotto intorno al 30%. E oggi è scesa al 24%. Il minimo, negli ultimi due anni.
    I motivi che hanno spinto in questa direzione sono diversi. Riguardano, anzitutto, la prevenzione attraverso i vaccini. Nelle ultime settimane, circa l’80% degli italiani ha concluso il ciclo vaccinale e quasi l’85% ha, comunque, assunto almeno la prima dose.
    In secondo luogo, il virus stesso è cambiato. Da una variante all’altra, fino a quella attualmente più diffusa: Omicron, a sua volta in costante variazione. Con effetti meno seri e gravi, sulla salute e sulla vita delle persone. Mentre noi stessi ci stiamo adattando al virus. Non solo sul piano fisiologico, ma psicologico.
    Il virus, in altri termini, fa ancora paura. E colpisce le persone. Ma in misura minore, rispetto al passato. Lontano e recente. E questo è sicuramente positivo. Ma, al tempo stesso, rischioso. Perché la tentazione di cancellare il passato, dopo quel che abbiamo passato, è forte. E comprensibile. Tuttavia, è meglio non dimenticare. Il sentimento che ci ha accompagnati in questi due anni. Disegnato e raccontato dal “grafico oscuro” delle nostre preoccupazioni. Per non finire confusi nella zona grigia tra CoronaVirus e PauraVirus.
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    Cristina Fortunati
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