di Filippo Tosatto. Scintille alla Conferenza delle Regioni, con Luca Zaia che oppone un “no, grazie” alla maggioranza di centrosinistra che gli aveva offerto la vicepresidenza, battibecca con la delegazione dell’Emilia-Romagna, incassa l’inatteso sostegno del campano De Luca e chiede che il Veneto mantenga il coordinamento del tavolo della salute, fin qui svolto all’assessore Luca Coletto.
Improbabile che l’obiettivo venga centrato: «Roma non ci vuole, ce l’ha con noi perché sui tagli alla salute abbiamo rotto le palle e continueremo a farlo», sbotta l’esponente leghista, che infine condividerà la scelta di confermare alla presidenza il dem piemontese Sergio Chiamparino («È giusto premiare la continuità e il lavoro svolto fino ad oggi»), affiancato in qualità di vice dal forzista ligure Giovanni Toti. Aldilà delle schermaglie e dei giochi di ruolo, a condizionare l’andamento della riunione è il decreto del Governo Renzi che quest’anno sottrae 2,3 miliardi alle risorse sanitarie, circostanza che in Veneto si tradurrà in un colpo di scure da 200 milioni. «Di questo passo, la gente dovrà farsi un’assicurazione privata per avere la garanzia di essere curata, non accetteremo mai lo smantellamento del welfare pubblico», le parole di Zaia che al vertice precedente aveva negato il consenso ai tagli, accettati invece dai governatori di provenienza Pd.
«Non puoi limitarti a dire sempre no, le Regioni devono collaborare con il Governo nella riduzione della spesa e anche nell’accoglienza ai profughi», l’ha incalzato Stefano Bonaccini, il renziano a capo dell’Emilia. «Guarda che questa non è la direzione del Pd dove tutti obbediscono al capo, io rispondo ai cittadini veneti, non ai diktat di partito», la secca replica di Zaia. Che, a sorpresa, sul versante della riforma delle Province, ha ricevuto il sostegno del governatore della Campania Vincenzo De Luca, concorde nel criticare l’atto unilaterale dell’esecutivo che ha riversato sulle Regioni oneri finanziari, personale in esubero e compirti istituzionali rimasti vacanti. Abbastanza per suscitare le battute scherzose dei presenti sull’inedito “asse” Venezia-Napoli.
Tant’è. Eletti all’unanimità Chiamparino e Toti, la questione tavolo sanità è stata rinviata (insieme alle altre nomine) ma le prospettive non sono favorevoli a Palazzo Balbi: «Vedremo se a pesare sarà la logica delle casacche politiche o il riconoscimento della buona amministrazione. Io non ho accettato la vicepresidenza perché i premi di consolazione non ci interessano, abbiamo chiesto la delega alla sanità perché è un lavoro che abbiamo dimostrato di saper fare. La nosta linea non cambia: ci opponiamo ai tagli lineari che trattano allo stesso modo chi spreca miliardi e chi amministra con oculatezza, esigiamo l’introduzione dei costi standard perché non è possibile che in Veneto un pasto ospedaliero costi 6,5 euro e in altre parti d’Italia dieci olte di più. I nostri conti sono in ordine, la qualità delle nostre prestazioni ci è invidiata, non accettiamo lezioni da chi procede tagliando a casaccio le risorse destinate a curare i malati. Parlo di visite specialistiche, esami diagnostici, prestazioni farmaceutiche».
Diversa la lettura dei parlamentari veneti del centrosinistra, che in una nota congiunta difendono l’operato del Governo:«La riorganizzazione della spesa, concordata con tutte le Regioni tranne Lombardia, Veneto e Liguria, servirà a mantenere il sistema sostenibile anche nei prossimi anni, perciò Zaia eviti di distorcere la realtà in modo strumentale».
Il Mattino di Padova – 2 agosto 2015