Negli ultimi dieci anni sono raddoppiate le importazioni in Italia di formaggi simil-grana che fanno concorrenza alla produzione nazionale di Parmigiano Reggiano e Grana Padano a denominazione di Origine Protetta (Dop).
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati forniti dal sito http://www.clal.it/ dal quale si evidenzia le importazioni italiane di formaggi duri di latte bovino non Dop ha raggiunto i 27,3 milioni di chili nel 2012, con un aumento dell’88 per cento in dieci anni.
I similgrana sono arrivati in Italia soprattutto dall’Europa a partire dalla Germania (8,3 milioni di chili) e dalla Repubblica Ceca (8,1 milioni di chili) anche se in forte crescita risulta essere l’Ungheria dalla quale sono giunti ben 2,7 milioni di chili pari al 10 per cento del totale delle importazioni. Volumi addirittura superiori di questi formaggi che spesso hanno anche una assonanza fonetica con quelli nazionali e sono purtroppo destinati a Paesi diversi dall’Italia, in Europa e fuori, togliendo spazio di mercato al Parmigiano e al Grana.
E’ imbarazzante notare che nella realizzazione di questi prodotti di imitazione siano implicate spesso imprese italiane ed anche chi per ruolo avrebbe il compito di tutelare le denominazioni originali, dal quale dipende il futuro di interi territori e migliaia di allevamenti e caseifici. La somiglianza di tali codici doganali con quelli del Parmigiano-Reggiano e del Grana Padano (04069061), unitamente alla identica descrizione tecnica dei prodotti, crea una similarità fra prodotti caratterizzati, invece da diversa origine e qualità perché i similgrana non devono rispettare i rigidi disciplinari di produzione approvati dall’Unione Europea.
Questi formaggi sono codificati dall’Istat con il codice doganale 04069069 hanno tenore, in peso, di materie grasse uguale od inferiore al 40%, e tenore, in peso, di acqua della sostanza (non grassa) inferiore uguale al 47%.
Il rischio è che i similgrana vengano scambiati dai consumatori come prodotti Made in Italy perché vengono spesso utilizzati nomi, immagini e forme che richiamano all’italianità, ma anche perché appare il bollo Ce con la “I” di Italia se il formaggio viene semplicemente confezionato in Italia. Un inganno nei confronti del quale occorre immediatamente intervenire per salvaguardare il lavoro di migliaia di allevatori italiani impegnati in una produzione unica che rappresenta l’immagine del made in italy nel mondo.
ilpuntocoldiretti – 3 aprile 2013