Fino a un momento prima di andare in stampa la pagina 27 del Corriere di venerdì 5 ottobre era vuota. In rotativa se ne sono accorti e per rimediare devono aver rotto il vetro della bacheca delle emergenze per stamparci un articolo di rimpiazzo che gira da almeno una ventina d’anni sui più svariati giornali del mondo e in qualche centinaio di siti internet.
L’articolo, per non sembrare vecchio, viene pubblicato con un’unica variante: il nome dei labrador addestrati a fiutare il cancro al colon ancora prima che si manifesti dalle analisi mediche. Oggi quei due labrador si chiamano Lucy e Glenn. Nonostante Lucy abbia sei anni, l’anno scorso sembra si chiamasse Bobby.
Pensate, gli scenziati hanno scoperto che i labrador, oltre ad essere particolarmente vocati al riporto cacciatoriale di lepri, alzavole e fagiani, possono essere addestrati anche per fiutare esplosivi terroristici, tumori umani e – in mancanza di croccantini freschi – persino droghe.
Se ne sono accorti, ma non so se per la prima volta, in Inghilterra dopo che la signora Tatcher aveva riformato la sanità di quel Paese. La favolosa scoperta scientifica che un labrador costa meno di un primario ospedaliero e, se ben addestrato, è persino più simpatico, ha suscitato un’eco così vasta che adesso proveremo a farlo anche in Italia. A Trento, sembra.
L’articolo riporta scrupolosamente l’intera cronaca, che termina un attimo prima di far capire anche al lettore non terminale, come il labrador possa comunicargli eventualmente la diagnosi.
Però un passo avanti è stato fatto. Visti i vertiginosi tagli alla sanità, l’Italia potrebbe sperimentare la ricerca sui cani medici (comunque migliori dei medici cani) in modo massivo. Magari correggendo anche quell’odioso margine di errore per chi, non potendosi permettere un medico labrador, si mette nelle zampe del primo bastardino
L’Unità – 6 ottobre 2012