Produrre in tempi brevi un alto numero di dosi del farmaco non è semplice sul piano normativo e neanche su quello tecnico. Il medico americano Kent Branthly e l’infermiera Nancy Writebol, che in una clinica di Monrovia davano assistenza ai malati di Ebola, sono guariti dopo aver contratto la malattia dai loro pazienti.
Rimpatriati d’urgenza in una clinica della Emory University ad Atlanta sono stati trattati con un farmaco, lo Zmapp, mai sperimentato sull’uomo. Si tratta di un cocktail di tre anticorpi monoclonali, espressi da piante di tabacco geneticamente modificate, che aveva dato buoni risultati nel 2013 quando era stato sperimentato su primati di laboratorio. Branthly e Writebol hanno acconsentito ad essere trattati con questo cocktail secondo lo «statuto compassionevole», che consente di utilizzare un farmaco – anche se non ha completato l’iter di approvazione – solo nel caso in cui non esistano altre cure. Lo Zmapp ha comunque sconfitto il virus delle febbri emorragiche e i due pazienti americani sono stati dimessi. Ne hanno dato notizia i diretti interessati in una conferenza stampa che si è tenuta ieri ad Atlanta.
Nel frattempo le notizie sul fronte di Ebola sono abbastanza preoccupanti: l’ultimo bollettino del Who dice che l’epidemia ha raggiunto i 2.473 casi con 1.350 vittime. Il bilancio più pesante è quello della Liberia, con 576 morti, mentre in Guinea e in Sierra Leone sono rispettivamente 396 e 374. Il dato più sconfortante è la progressione della malattia che sembra ben lontana dall’essere fermata: l’Oms ha segnalato ieri che nei quattro Paesi colpiti dall’epidemia ogni 48 ore ci sono 221 contagi accertati e 106 decessi.
Il problema con cui hanno a che fare questi stati dell’Africa Occidentale è che non hanno strutture di contenimento all’altezza della situazione, per cui il virus si diffonde anche fra il personale sanitario nonostante si prendano tutte le precauzioni che questi ospedali si possono permettere. L’Oms qualche giorno fa ha auspicato che il cocktail sperimentale fosse distribuito ai medici e al personale infermieristico proprio per cercare di limitare le perdite, che a lungo andare possono impoverire ancora di più le strutture sanitarie di questi Paesi. Qualche barlume di luce lo si è anche visto, infatti due medici liberiani e un’infermiera contagiati da Ebola hanno ricevuto il farmaco sperimentale: un medico e un’infermiera hanno mostrato rapidi miglioramenti, sul secondo medico i progressi sono meno eclatanti ma un bollettino dell’Oms sostiene che stia comunque meglio.
La brutta notizia, però, arriva dall’azienda che produce lo Zmapp, la quale sostiene di aver esaurito le scorte di questo medicinale già dal 12 agosto. A confermarlo è anche il ministro della Salute liberiano, Lewis Brown, il quale ha precisato di aver ricevuto poche dosi e di averle già utilizzate sui tre sanitari che ora mostrano segni di miglioramento, per cui l’unica arma disponibile per cercare di fermare l’epidemia resta il contenimento. Il virus si trasmette con le feci, l’urina, il sangue e gli altri umori degli ammalati che andrebbero tenuti in stretto isolamento, ma questo richiede strutture adatte e soprattutto guanti, calzari, tute e maschere per i medici che li assistono.
Produrre in tempi brevi un numero considerevole di dosi del farmaco sperimentale non sembra affatto semplice, sul piano normativo, e anche su quello strettamente tecnico ci sono altri ostacoli: la sperimentazione umana di questo farmaco era prevista per il 2015 e quindi al momento non si hanno sufficienti informazioni neanche su come agisca. A precisarlo è stato il direttore della clinica della Emory University, dove sono stati curati i due sanitari americani dimessi ieri, e sull’argomento è intervenuto in diverse occasioni anche Anthony Faucy, direttore degli Istituti Nazionali per la Salute.
Il Sole 24 Ore – 22 agosto 2014