I dati parlano di 4293 casi e 2296 morti in Guinea, Liberia e Sierra Leone, come dire che oltre la metà dei contagiati dal virus di Ebola se ne va all’altromondo e pure rapidamente. È la faccia nera della medaglia, quella per cui l’Ue ha già versato 11,9 milioni di aiuti, programmandone altri 140 per l’assistenza nel medio termine. Poi c’è quella grigia, inscurita dal fatto che solo sei Paesi europei (l’Italia c’è) sarebbero in grado di accogliere un cittadino contagiato. La Francia ha scritto un piano per l’evacuazione e il ricovero di chi fosse infettato. Se ne parlerà in un vertice dei ministri della Sanità a Milano, il 22 settembre. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) pensa di poter arrestare la trasmissione del virus in nove mesi con una strategia da 400 milioni di dollari.
La Commissione Ue denuncia che «s’è perso tempo», ma ha fatto molto, come l’Italia che ha messo fra l’altro 1,2 milioni per l’invio di personale medico e dell’Istituto Malattie Infettive e le ong Emergency, Cuamm, Msf. Ci sono 35 dei nostri nella regione, soprattutto in Sierra Leone.
Nella Ue si lavora all’essere potenzialmente in grado di evacuare i pazienti dalle aree dell’epidemia. Sei Paesi hanno i mezzi per eseguire una simile operazione in condizioni tecniche di sicurezza. Secondo una fonte, però, solo Italia e Regno Unito offrono piene garanzie. Mentre i Paesi del Nord seguono il caso «con molti se e molti ma». E Parigi è in ritardo tecnologico.
L’evacuazione di un soggetto colpito da Ebola impone accorgimenti speciali, ambulanze, aerei e barelle adatti al biocontenimento. L’Italia può portare due pazienti per volo al costo di 250 mila euro, visto che il materiale va bonificato in due settimane di lavoro. «E se sono tre che facciamo?», si domanda una fonte. «Costruiamo un meccanismo comune di risposta europea – risponde Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri -. Molti medici locali non lavorano per paura di ammalarsi, bisogna ricreare le condizioni di sicurezza per l’assistenza».
I francesi chiedono un sistema di coordinamento Ue basato su uno sportello attivo 24 ore su 24, con responsabilità a rotazione fra gli Stati che sono in grado di gestire un’evacuazione: si valutare il caso, quali mezzi sono disponibili e come ottimizzarli. La decisione finale sulle dotazioni nazionali sarà presa nella singole capitali che scaricherebbe il costo sulle assicurazioni personali, almeno in gran parte. «Il rischio di propagazione all’Europa è basso», si legge nella bozza di conclusioni preparata dall’Italia per l’incontro 22, che invita al coordinamento e chiede nuovi fondi per acquistare materiali, sperando che non servano, ma ben consapevoli che – almeno per ora – l’Ue è molto lontana dal poter amministrare il possibile «peggio». (La Stampa)
Ebola, l’Ue si mobilita: «Recuperare il tempo perduto. Ma nessun pericolo dall’immigrazione». Sbloccati nuovi contributi
?La Commissione europea ha esortato gli Stati membri dell’Ue a recuperare il «tempo perduto» nella lotta contro il virus Ebola.
L’occasione è stata un vertice a Bruxelles durante il quale sono stati sbloccati nuovi contributi e discussi gli avanzamenti di un progetto francese di centralizzazione per le evacuazioni sanitarie. L’Ue «dovrà presentare, in quanto tale, un forte impegno» in occasione del vertice internazionale organizzato per la fine di settembre dall’Onu a New York, ha sottolineato la commissaria agli aiuti umanitari, Kristalina Georgieva.
La commissaria ha richiamato gli Stati membri a «quantificare» sin da ora i loro contributi, per completare il preventivo di circa 150 milioni di euro già sbloccati da Bruxelles. La Francia ha anche proposto un meccanismo per assicurare le evacuazioni sanitarie del personale umanitario. La Commissione si è dunque impegnata a «lanciare senza ritardi i preparativi» per tale azione di coordinamento.
Se «vogliamo inviare personale sanitario e umanitario sul posto, dobbiamo assicurare a queste persone che possiamo rimpatriarle», ha rilevato il commissario alla Salute, Tonio Borg. «Dobbiamo isolare la malattia ma non i Paesi», ha affermato Borg, a fronte della tentazione da parte delle compagnie aeree di tagliare i collegamenti con i Paesi africani ma giormente colpiti dal virus, come la Guinea, la Sierra Leone e la Liberia. (Il Messaggero)
16 settembre 2014