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Ebola, Liberia dichiara lo stato d’emergenza. L’allarme dell’Unione europea: “E’ come un disastro al rallentatore”

La situazione nei quattro paesi colpiti dal virus in Africa occidentale si aggrava. La Nigeria, dove ci sono stati ancora pochi casi, prepara tende di contenimento. L’allarme dell’Unione Europea: la malaria rischia di peggiorare la situazione. Obama frena sull’invio di farmaci sperimentali, ma gli Usa aumentano il livello di allerta

EMERGENZA in Africa, psicosi in Europa e negli Stati Uniti. L’epidemia di ebola continua a falcidiare Liberia, Sierra Leone, Guinea e inizia a preoccupare seriamente la Nigeria, mentre per fortuna i sospetti casi nei paesi occidentali si sono dimostrati falsi allarmi: ultimo, un uomo di New York con i sintomi del virus che le analisi dimostrano non essere contagiato dall’epidemia.

La situazione è drammatica nei 4 Paesi colpiti. La presidente della Liberia Ellen Sirleaf Johnson ha decretato oggi lo stato di emergenza per l’epidemia: “Il contagio esige misure straordinarie per la sopravvivenza dello Stato” ha detto in un discorso pubblico. “Il virus Ebola, le ramificazioni e le conseguenze della malattia costituiscono attualmente un turbamento per l’esistenza, la sicurezza e il benessere della Repubblica, rappresentando un pericolo chiaro e immediato”. Ieri la Sierra Leone ha schierato centinaia di militari fuori dai centri dove sono ricoverati i malati di ebola, per paura che potessero fuggire e diffondere il virus. In Nigeria è corsa contro il tempo per ottenere tende di isolamento dove ricoverare i malati e cercare di contenere il contagio a una popolazione ristretta.

Il bilancio è drammatico: l’Oms ha diffuso un bilancio aggiornato che parla di 932 morti nei quattro Paesi e 1711 casi. In Guinea 495 casi e 363 morti. In Liberia 516 casi e e 282 morti. In Nigeria 9 casi e un morto. In Sierra Leone 691 casi e 286 morti.

A preoccupare in questa zona dell’Africa è anche la stagione delle piogge, con i casi di malaria e colera che comporta. A spiegare il perché è Cyprien Fabre, capo del dipartimento Aiuti umanitari per l’Africa occidentale della Commissione Ue: “Ebola, malaria e colera hanno gli stessi sintomi iniziali, come febbre e vomito, che si possono confondere”. E succede che i malati in questa incertezza evitino gli ospedali: se pensano sia Ebola, spesso non credono di poter essere aiutati; se pensano che non sia Ebola, non vanno a farsi curare per paura di venire a contatto con casi di ebola. “E’ come vedere un disastro al rallentatore, in slow motion”, dice Fabre.

Dagli Usa una frenata ai farmaci sperimentali. Il presidente Usa, Barack Obama, ha detto che è ancora troppo presto per inviare farmaci sperimentali contro l’ebola – che fanno sperare sulla possibilità di curare il virus – in Africa occidentale. Il presidente ha spiegato che non ci sono ancora informazioni sufficienti per decidere se la cura sperimentale contro il virus sia efficace e ha aggiunto che gli sforzi dei Paesi interessati dovrebbero concentrarsi piuttosto sulla definizione di una “forte struttura pubblica” per contenere l’epidemia. Per Obama l’epidemia “può esser controllata e contenuta in maniera efficace se usiamo i corretti protocolli”.

Repubblica – 7 agosto 2014

“I Paesi africani coinvolti – ha detto ancora Obama – sono i primi ad ammettere che quel che è successo è dovuto al fatto che i loro sistemi di salute pubblica sono stati travolti. Non sarebbe successo se avessero identificato e contenuto più efficacemente i primi casi”.

Nonostante le rassicurazioni del presidente, i  Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie degli Stati Uniti (Cdc), l’agenzia federale che si occupa di sanità pubblica, ha alzato al livello massimo l’allerta per l’epidemia di ebola. Una decisione che segnala come l’organismo consideri seria e potenzialmente duratura l’emergenza, e che al tempo stesso gli consente di dedicare maggiori sforzi e uomini allo studio e al contenimento della malattia. Il livello 1 è riservato alle emergenze più serie. L’agenzia ha definito appropriata la sua scelta per l’ebola, visto che l’epidemia “potenzialmente riguarda molte vite” e si è ora estesa anche alla Nigeria. I Cdc presero una decisione simile nel 2005 dopo l’uragano katrina e nel 2009 per l’influenza aviaria.

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