Ebola: torna a Padova la «fede di sanità», come ai tempi della peste. L’ordinanza del sindaco sarà siglata oggi, ma l’obbligo non è per tutti: vale solo per i profughi di Mare Nostrum, secondo alcuni potenziali portatori e diffusori di malattie infettive. Almeno, è quanto si deduce dalle dichiarazioni, due di seguito nel pomeriggio di ieri (con il conforto di un video su YouTube) del primo cittadino della città del Santo, Massimo Bitonci, che chiama alla crociata i colleghi del Veneto.
Per l’esattezza, secondo il sindaco leghista, «il crescente allarme causato dall’epidemia di ebola, unitamente alla diffusione nel territorio comunale di malattie da tempo debellate, quali per esempio la scabbia, con particolare rischio per i minori, gli agenti delle forze dell’ordine e i sanitari, impongono misure straordinarie».
Il sindaco si sente investito di questa missione in quanto «autorità sanitaria locale». I controlli sanitari sui profughi, in realtà (come spiega nell’articolo sotto il prefetto di Venezia), vengono già fatti dai medici militari a bordo delle navi e al momento dello sbarco. Ma tant’è, Bitonci è pronto ad agire. E qual è, nel caso specifico, la misura straordinaria? «Stiamo lavorando – ha chiarito Bitonci – a un’ordinanza che vieti la dimora a Padova, anche occasionalmente, di persone provenienti da Paesi dell’area africana dove il virus dell’ebola è endemico, se non sono in possesso di certificato attestante lo stato di salute». Il sindaco sembra riferirsi a un documento rilasciato nel Paese di partenza; come, appunto, la medievale «fede di sanità»: quando serpeggiava la peste, il viaggiatore doveva munirsi di un atto che attestasse il proprio stato di salute. Il sindaco precisa però che non è sua intenzione «discriminare, né negare il diritto alla cura. Ritengo però doveroso che, in questo contesto storico e dato l’allarme internazionale sul rischio nuove epidemie, lo stato di salute di chi proviene da zone a rischio sia verificato da un medico ed eventuali patologie siano curate, senza rischi per gli altri cittadini». L’ordinanza prevede una pena: «I trasgressori potranno essere segnalati al Prefetto». La prefettura, chiamata in causa, fa sapere che «commenterà solo dopo aver esaminato l’ordinanza». Ma se un padovano parte, poniamo, per il Senegal, poi potrà tornare a casa? E se le autorità locali si rifiutassero di rilasciare la dichiarazione di buona salute? Di qui il chiarimento di Bitonci. L’obbligo vale solo «per i profughi della fallimentare missione Mare Nostrum»; non tocca, dunque, tutti gli altri. Viaggiatori padovani, italiani e di tutto il resto del mondo possono stare tranquilli.
E’ comunque evidente che i migranti non se vanno in giro con documenti sanitari al seguito; di qui il sospetto, sollevato dall’opposizione politica in città, che in realtà la dichiarazione del sindaco vada inserita nel recente braccio di ferro istituzionale sul tema dell’accoglienza. Un modo come un altro per dire no. Comunque sia, quanto all’appello agli altri sindaci veneti, Bitonci l’ha messa così: «Facciamo squadra per tutelare la salute di tutti. Domani (oggi per chi legge, ndr) firmerò l’ordinanza a tutela della salute dei padovani. Subito dopo ne trasmetterò copia a tutti i colleghi, perché anche loro vietino accoglienza e dimora a tutti i profughi provenienti dall’Africa che non abbiano un certificato medico a garanzia del loro stato di salute».
Capua: «È un problema serio, ma l’Italia non è a rischio contagio»
Professoressa Capua, che cosa pensa dell’ordinanza del sindaco Bitonci?
«Mi sembra un po’ ridondante. Le persone che provengono dai Paesi africani a rischio Ebola vengono già controllate negli aeroporti di partenza e di arrivo».
Si tratta di protocolli efficaci?
«Ci sono ufficiali che controllano la temperatura, effettuano, se serve, visite mediche più approfondite e chiedono alle persone che provengono dai Paesi a rischio di rispondere a un questionario. Uno dei primi sintomi di Ebola è la febbre, già con il termometro si può capire se il viaggiatore è contagioso oppure no».
Esiste un problema per profughi e clandestini?
«Sopra il Sahara il virus non è ancora arrivato. E poi il viaggio attraverso il Mediterraneo è lungo, non dura poche ore come l’aereo».
L’Italia è un Paese a rischio contagio?
«L’Italia non ha voli diretti con i Paesi colpiti dall’Ebola a parte la Nigeria, dove il virus è sotto controllo. Quindi i protocolli vengono attivati negli hub europei come Parigi o Londra».
Ma dobbiamo alzare la nostra attenzione?
«Ebola non è un problema di Padova, del Veneto o dell’Italia. Per la prima volta si è riunito il Consiglio di sicurezza dell’Onu. In tutto questo che poteri può avere il sindaco?».
Da virologa di fama internazionale, che cosa pensa di Ebola?
«È un problema molto serio, si tratta di un virus che si manifesta ogni 20 anni. Ma il mondo è cambiato, i sistemi e i meccanismi della globalizzazione hanno agito sulla diffusione. . Il presidente Usa Obama ha detto: la speranza è quella di mettere il virus sotto controllo ma si tratta di una campagna lunga».
In parlamento vi state preoccupando dell’emergenza?
«Io e il presidente della commissione Affari sociali della Camera Pierpaolo Vargiu abbiamo scritto una mozione per impegnare il governo a prendere provvedimenti. Ma io dico anche un’altra cosa: l’Italia deve assumere una leadership europea. Abbiamo la presidenza di turno dell’Unione e strutture di eccellenza come lo Spallanzani di Roma. Dobbiamo essere in prima fila nella battaglia».
Il prefetto: i controlli ci sono già. I sindaci: iniziativa ininfluente. Cuttaia : gli screening si fanno sulle navi di Mare Nostrum
VENEZIA C’è chi cita le «grida manzoniane» e chi invece preferisce parlare di «azione senza senso». Non raccoglie molti consensi l’appello del sindaco di Padova Massimo Bitonci a «vietare accoglienza e dimora ai profughi provenienti dall’Africa che non abbiano un certificato medico». Il sindaco di Treviso Giovanni Manildo (Pd) spiega che l’ordinanza del collega è «ininfluente, ci sono linee guide a livello nazionale e regionale. Per questioni che superano i confini del comune, non è il sindaco l’autorità sanitaria più importante ma la Regione. Si tratta di un’azione senza senso, che lascia il tempo che trova. Per quanto ci riguarda — prosegue Manildo — noi siamo in costante contatto con il dipartimento di prevenzione dell’Usl 9». Dai Paesi africani a rischio Ebola, secondo fonti vicine all’Usl, sembra che a Treviso non arrivino più di tre persone l’anno.
Il sindaco di Verona Flavio Tosi (Lega Nord) condivide le preoccupazioni del collega di partito e, in una nota, scrive che «è giusto, come sindaci, porre grande attenzione sul tema della tutela della salute dei cittadini di fronte a epidemie sviluppatesi all’estero. Però un’ordinanza dei sindaci — aggiunge — non può da sola bloccare l’arrivo e la diffusione di patologie virali, deve farlo il governo: occorre impedire l’arrivo in Italia di persone provenienti da Paesi con epidemia conclamata».
L’appello di Bitonci non sembra trovare terreno fertile a Vicenza. Il sindaco e neopresidente della Provincia di Vicenza Achille Variati (Pd) non va oltre il «no comment» ma lascia trasparire più di una perplessità sull’efficacia e sull’applicazione dell’ordinanza. Il sindaco ha annunciato martedì in consiglio comunale di aver incontrato i vertici della base americana per i 100 soldati Usa pronti a tornare dalla Liberia. Attualmente, ha assicurato il primo cittadino, vengono controllati ogni 12 ore e così succederà anche per 21 giorni (tempo massimo per l’incubazione del virus) dopo il rientro in Italia, nella base militare Del Din.
L’ex vicesindaco reggente di Padova, Ivo Rossi, avversario di Bitonci nelle elezioni amministrative della scorsa primavera, via Twitter parla di «ordinanze di distrazione di massa per alimentare bar sport dell’inconcludenza parolaia» e aggiunge che questi provvedimenti sembrano «editti e grida che ricordano Manzoni». «Sulla vita delle persone non si può scherzare — precisa poi — tanto più che l’allerta è alta a livello internazionale con controlli che vengono effettuati negli aeroporti». Ivo Rossi, sul caso Ebola, cita invece un esempio positivo che «onora la città», quello dei Medici con l’Africa Cuamm, impegnati a debellare le malattie. In Sierra Leone i medici missionari sono presenti dal febbraio 2012 nel distretto di Pujehun. Contro l’Ebola forniscono quotidianamente agli operatori sanitari gli strumenti di protezione e le istruzioni sulle procedure di prevenzione e protezione, incluse quelle riguardanti la sepoltura in biosicurezza dei corpi dei pazienti deceduti. Poi provvedono alla identificazione, isolamento e trattamento dei malati attraverso un sistema di triage e l’allestimento di una tenda allestita ad hoc in una zona isolata dell’ospedale.
Sul certificato sanitario per i profughi sembra mettere la parola fine una nota del prefetto di Venezia Domenico Cuttaia, coordinatore regionale per l’accoglienza. «Un primo screening sanitario viene effettuato già sulla nave che raccoglie in mare i migranti. Quando questi ultimi giungono nel territorio veneto, dopo lo smistamento tra le varie regioni italiane, sono già muniti di una certificazione che attesta l’effettuazione dei controlli sanitari. Le Usl effettuano successivamente ulteriori e più approfonditi controlli igienico sanitari» .
Marco de’ Francesco – Il Corriere del Veneto – 16 ottobre 2014