di Attilio Barbieri. Il «modello Italia» giocherà un ruolo centrale a Expo 2015. La capacità tutta italiana di offrire sul mercato alimenti di grande qualità, sicuri ma soprattutto sostenibili, rappresenta un esempio che il nostri Paese può offrire con orgoglio ai visitatori dell’esposizione universale e in definitiva a tutto il mondo.
Il made in Italy che finisce ogni giorno sulle tavole di milioni di consumatori ha infatti una caratteristica unica: quello di essere esportabile come modello di business. Non si tratta di imporre i nostri prodotti nel resto del mondo, anche se la tutela delle sole indicazioni d’origine – Dop e Igp – significherebbe recuperare una parte consistente dei 60 miliardi di falsi che si fanno nei cinque continenti. È il modo di produrre le materie prime e di trasformarle che può dare origine a filiere sostenibili che portano dal campo (o dalla stalla) alla tavola. Ogni Paese, poi, può svilupparne di proprie basate ad esempio sui cereali, sui legumi o sull’ortofrutta. Per le aree sottosviluppate del Pianeta, seguire il modello italiano, potrebbe significare realizzare filiere del tutto originali e sostenibili, che creino valore sia per chi coltiva i campi o alleva il bestiame, sia per le industrie di trasformazione.
«L’Expo». spiega a Libero il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, «non dev’essere una grande fiera ma un’occasione per mostrare al mondo un modello di sviluppo capace di valorizzare le distintività dei territori, un modello che ha garantito al made in Italy valori da primato per qualità e sicurezza alimentare e ambientale». Un approccio perfettamente in tema con lo slogan della manifestazione: nutrire il pianeta, energia per la vita. «Il nostro», conferma Moncalvo, «si tratta di un modello esportabile che offre opportunità di lavoro e assicura l’accesso al cibo anche nei paesi meno sviluppati».
Ma non sono soltanto gli agricoltori a presentarsi all’appuntamento di maggio con qualcosa di esportabile che non sia un formaggio o un prosciutto, ma il metodo per produrli. La Federalimentare sta allestendo un padiglione monstre dove saranno rappresentate quindici filiere del made in Italy rappresentative di mille marchi. Quello di «Cibus è Italia» – così è stato battezzato il padiglione realizzato in collaborazione con Cibus, Fiere di Parma – sarà un percorso multimediale in cui ciascuna azienda racconterà la propria storia ed il proprio saper fare, i propri prodotti e le loro peculiarità. Un viaggio ipermediale nel paesaggio produttivo italiano per accompagnare con mano i visitatori in un percorso che spieghi come e perché il nostro Paese è diventato la patria mondiale della qualità tutelata e senza compromessi.
Oltre a coltivatori e industriali, alla tavola del made in Italy ha prenotato un posto anche il governo. A occuparla sarà il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina che ha fatto sua l’idea lanciata dalla Fondazione Barilla di presentare all’esposizione un documento sulla sostenibilità alimentare, ribattezzandolo «Carta di Milano», l’atto d’impegno unitario sulle grandi sfide legate alla sostenibilità della questione alimentare globale. La Carta potrà essere sottoscritta, per la prima volta nella storia delle esposizioni universali, da singoli cittadini, associazioni, istituzioni e imprese. Un segno tangibile che l’Italia vuole lasciare il segno.
Libero – 10 gennaio 2015