La stretta su doni, auto, cellulari. No all’abuso della propria qualifica. Dall’onorevole Cosimo Trombetta in giù, il «lei non sa chi sono io» è da sempre tra i fondamentali del made in Italy, come la pizza, il sole o gli spaghetti. Ma se già la Cassazione aveva piantato i suoi paletti, giudicandola una «possibile minaccia», adesso quella frase diventa addirittura proibita per gli statali.
Lo stabilisce il codice di comportamento per i dipendenti pubblici, approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Dice l’articolo 10 del decreto: «Nei rapporti privati, comprese le relazioni extra lavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettano». Sembra di vedere la scena: la macchina in divieto di sosta, il vigile che si avvicina, il proprietario che arriva di corsa e poi quelle sei paroline che a volte funzionano a volte no.
Come tutti i codici di comportamento, anche i 17 articoli preparati dal ministro per la Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi sono una lista di buoni propositi. Almeno in teoria, però, chi viola le regole potrà subire un procedimento disciplinare e quindi una delle sanzioni già previste, che vanno dal semplice ammonimento verbale fino al licenziamento. Si era già parlato nei giorni scorsi del divieto di ricevere regali. E rispetto a quelle anticipazioni c’è qualche novità: il valore massimo è stato alzato da 100 a 150 euro, per allinearlo a quanto già previsto per i dipendenti della Presidenza del consiglio. Il divieto non riguarda solo i regali che arrivano da fuori ma anche quelli interni, dall’impiegato al capo ufficio ad esempio. Le singole amministrazioni potranno fissare anche soglie diverse a seconda del livello di inquadramento: 40 euro per l’usciere e 150 per il dirigente, sempre ad esempio. Codificati anche i limiti per l’uso dei telefoni, che possono essere usati per fini personali solo in caso di emergenza, e per le auto di servizio «utilizzabili solo per lo svolgimento dei compiti d’ufficio e che solo a tale titolo possono trasportare terzi». Lo statale, poi, dovrà comunicare la sua appartenenza ad associazioni od organizzazioni e l’amministrazione avrà un mese di tempo per valutarne la compatibilità. Sono esclusi dalla lista partiti e sindacati.
Non è stato approvato, invece, un altro decreto che doveva fissare una serie di incompatibilità per i soli dirigenti. Avrebbe avuto la strada sbarrata, ad esempio, chi ha subito una condanna anche non definitiva per reati contro la pubblica amministrazione e chi ha appena lasciato un organo di indirizzo politico, dal governo giù fino alle amministrazioni locali. Su questo punto la discussione in Consiglio dei ministri è stata lunga e approfondita. Se ne riparlerà (forse) alla prossima seduta.
Lorenzo Salvia – Corriere della Sera – 9 marzo 2013