Sequestrate 17mila confezioni di farmaci veterinari per 2,5 milioni di euro I prodotti nascosti anche in frigoriferi domestici e con le etichette contraffatte. Diciassette i mantovani indagati
MANTOVA. I farmaci giravano sottotraccia, in nero, al mercato clandestino. Nessuna registrazione, così gli animali, malati e sani, venivano dopati e gonfiati come palloni. Aggirando i controlli sanitari. Tutto nascosto grazie ad accordi tra grossisti, veterinari libero professionisti e allevatori compiacenti, ricettatori di medicinali rubati, farmacisti e commercianti non abilitati alla vendita dei farmaci.
Un’organizzazione con probabili ramificazioni anche all’estero (Principato di Monaco, Romania, San Marino) e con la testa a Pegognaga. Sono in tutto 17 (su un totale di 65 indagati) i mantovani finiti nei guai in seguito all’operazione denominata “Muttley” messa a segno dal Corpo Forestale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, con il contributo del comando provinciale di Mantova e sotto il coordinamento della procura di via Poma, che ha portato alla luce un traffico di farmaci veterinari distribuiti al mercato clandestino e destinati a gonfiare vitelli e maiali del Nord-Italia.
Nel corso del blitz scattato giovedì con 101 perquisizioni in sette regioni e al quale hanno partecipato 260 uomini della Forestale sono state sequestrate 17.100 confezioni di farmaci veterinari per un valore complessivo di 2,5 milioni di euro. Le indagini, guidate dal capo della Procura di Mantova, Antonino Condorelli, hanno scoperto una vera associazione a delinquere dedita alla distribuzione e alla vendita di farmaci veterinari da somministrare “in nero” agli animali e in assenza di controlli medico-veterinari.
Tra gli indagati 23 grossisti di farmaci, 10 allevatori, 12 responsabili di attività commerciali zootecniche, 2 farmacisti, 12 veterinari libero professionisti (non dell’Asl), 6 privati che facevano da tramite tra domanda e offerta. Come detto 17 sono mantovani e le perquisizioni sono scattate a Pegognaga, Mantova, Suzzara, Motteggiana, Gonzaga, nel Reggiano a Reggiolo, Rubiera, Gattatico, in provincia di Padova, Brescia, Parma, Sondrio, Torino, Cuneo.
L’inchiesta è stretta nel massimo riserbo, per il momento nessun nome. I farmaci venivano somministrati sia agli animali ammalati, per curarli e spedirli agli allevatori finali, sia a quelli sani per accrescere la massa muscolare. I registri erano tenuti solo dai grossisti e gli allevatori acquistavano un quantitativo di farmaci superiore a quello registrato e somministrato agli animali. Il resto finiva al mercato clandestino.
«In particolare – hanno spiegato ieri mattina il comandante del comando regionale Lombardia ed Emilia Romagna, Giuseppe Giove e il comandante provinciale di Mantova, Alberto Ricci – le dosi non registrate erano destinate ad altri allevamenti di bovini e suini con inevitabile potenziale pericolo per la salute pubblica, in quanto le somministrazioni sarebbero avvenute senza alcuna traccia documentale».
Sono 180 gli allevamenti finali su cui si continua ad indagare. In queste ore gli istituti zooprofilattici hanno prelevato alcuni campioni di carne per verificare l’eventuale adulterazione. I reati contestati a vario titolo ai 65 indagati sono: associazione a delinquere, commercio e somministrazione di medicinali guasti, adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, esercizio abusivo della professione medico-veterinaria e di farmacista, ricettazione, falsità in registri e notificazioni, violazione della normativa finanziaria e tributaria, maltrattamento di animali.
Ma dove venivano nascosti di farmaci in nero? Nei posti più impensati: cascine, fienili, box metallici, garage, magazzini adiacenti a quelli autorizzati, all’interno di frigoriferi domestici. Contraffatte anche alcune etichettature, con alcuni tagliandini staccati dai prodotti e con il nome di case farmaceutiche risultate false. Da quanto emerso ieri mattina in conferenza stampa al momento non risultano macelli coinvolti nel traffico illecito di farmaci. Un plauso al Corpo Forestale è arrivato ieri dall’Opas, che raggruppa i produttori suinicoli: «Le responsabilità vanno accertate e chiarite fino in fondo».
Gazzetta di Mantova – 10 giugno 2013