A suo modo, è un mutante. In natura non esisterebbe, se non avessero inserito nel suo Dna materiale genetico del salmone reale del Pacifico e del blennio americano, parente obeso dell’anguilla. Accorgimenti studiati in laboratorio dalla AquaBounty Technologies di Boston per accelerarne la crescita. Così trasformato, infatti, il vecchio salmone atlantico già a 16-18 mesi ha le dimensioni che i cugini non Ogm raggiungono a trenta, quando diventano adulti.
I creatori gli hanno dato il nome di AquAdvantage, per sottolinearne i vantaggi, e la Food and Drug Administration, l’Agenzia federale che si occupa di regolamentare i farmaci e gli alimenti, ne ha appena autorizzato la commercializzazione negli Stati Uniti. Con qualche condizione: il pesce potrà essere allevato soltanto in due stabilimenti attrezzati in Canada e a Panama, dentro vasche buie e chiuse dove non corre il rischio di mescolarsi con altre specie nemmeno attraverso le acque di scarico. Peraltro, essendo sterili, i salmoni AquAdvantage, se anche riuscissero a scappare dalla loro prigione, non potrebbero corteggiare gli omologhi che nuotano liberi nell’Oceano.
«È un grosso risparmio di cibo e di acqua», gongolano i produttori dopo aver incassato il benestare della Fda: «Non c’è alcuna differenza biologica significativa tra le qualità del salmone mutante e quelle del capostipite dell’Atlantico». E pensano di riuscire a metterlo sul mercato entro il 2018. I puristi, però, lanciano l’allarme sul rischio allergie e alcuni rivenditori hanno già detto di non voler trattare il «Frankenfish», pesce Frankenstein.
In Italia i primi a mettere le barricate sono stati quelli di Coldiretti. «Di fronte a un’escalation nell’applicazione delle biotecnologie al regno animale, occorre intervenire tempestivamente con un adeguamento delle normative comunitarie». L’indagine fatta per loro da Ixe non lascia dubbi: quasi otto cittadini su dieci sono contrari al biotech nel piatto (76 per cento).
Il tema delle regole è importante, visto che è in corso il negoziato sul libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti (il Ttip) e non è un dettaglio di poco conto il fatto che gli Usa non prevedano l’obbligo di etichettatura per i prodotti Ogm, dunque neppure per l’AquAdvantage.
«Non vogliamo negare i processi di innovazione tecnologica, ma siamo perplessi: temiamo che questo tipo di autorizzazioni possano aprire percorsi difficilmente controllabili, creare sospetto nei consumatori e ripercussioni sul mercato», spiega Giampaolo Buonfiglio, presidente del settore agro ittico alimentare dell’Agci, l’associazione generale delle cooperative italiane. Paolo Martinello, alla guida di Altroconsumo, non è contrario pregiudizialmente agli Ogm: «Purché siano sicuri e i cittadini vengano informati sull’origine dei prodotti. Ma in Italia sarebbe una scelta commercialmente sbagliata: abbiamo una tradizione alimentare di eccellenza».
Nonostante tutto, Claudio Cerati sarebbe disposto ad assaggiare il «Frankenfish»: «Quanto meno per capire che sapore ha». Lui, però, il salmone lo importa dalle Isole Faroe, dove vive in mare aperto dentro recinti con il 98% di acqua e il 2% di pesce. Poco mutante, molto selvaggio.
Il commento. Due nuovi geni per migliorarlo. Tutti i dubbi di chi si oppone
Adesso avremo anche il Salmone gigante e a poco prezzo. La tecnologia della modifica-zione del Dna e della sua utilizzazione per ottenere piante e animali transgenici è ormai molto avanzata e permette la costruzione di esseri viventi sempre nuovi portanti caratteristiche diverse da quelli che già esistono. I più celebri, e malvisti, di questi organi-smi sono i vegetali Ogm, dei quali ci possiamo cibare e anche nutrire gli animali da allevamento. Per quanto riguarda gli animali la tecnica è stata relativamen-te poco usata per la scarsa convenienza dell’operazio-ne, ma per alcuni pesci il quadro si presenta un po’ diverso e di salmoni geneti-camente modificati si parla già da qualche tempo. Adesso la Fda, l’agenzia statunitense preposta al controllo di questo ed altri prodotti, ha dato il via libera alla produzione di tali organismi. Il salmone, si sa, è un cibo pregiato il cui consumo è molto diffuso in tutto il mondo. Per questo motivo un esemplare che cresca di più o più in fretta si presenta con le carte in regola per allettare il consumatore. Un salmone normale, allevato in acquacoltura, impiega quai tre anni ad arrivare a una dimensione commer-ciabile, ma è stato chiaro fin dal principio che questo tempo poteva essere notevolmente ridotto. Inserendo due nuovi geni nell suo genoma, si può ottenere un animale che impiega la metà del tempo a raggiungere le dimensio-ni desiderate. È chiaro quindi il vantaggio dell’ope-razione, sempre che il nuovo prodotto non sia dannoso. Perché potrebbe essere dannoso? I critici sostengono due cose. Potrebbe essere dannoso per chi lo mangia e dannoso per l’ambiente, lo stesso mantra recitato per tutti i prodotti genetica-mente modificati. A chi lo mangia potrebbe procurare allergie, e se qualche esemplare potesse fuggire in acque aperte potrebbe far sparire la varietà naturale della quale ci siamo nutriti fino a oggi. La prima osservazione è vera ma di conseguenze mini-me, come già ampiamente dimostrato per gli altri Ogm. La seconda è più seria ma controllabile. Le allergie sarebbero rarissime e di un tipo conosciuto in grande anticipo, del fatto ambien-tale non siamo così sicuri, ma la ditta produttrice ha già provveduto, creando animali di un solo sesso e per giunta sterili. Non ci dovrebbe essere insomma niente da temere, ma è facile prevedere che la battaglia sarà lunga e aspra perché ci sono in gioco enormi interessi, alla faccia della fame nel mondo. Non è ancora disponibile infatti un prodotto per far durare meno a lungo le battaglie inutili!
Elvira Serra e Edoardo Boncinelli – Il Corriere della Sera – 21 novembre 2015