di Rosanna Magnano e Sara Todaro. Rafforzare il ruolo dello Stato, come garante della definizione dei Lea ma anche dell’uniformità della loro erogazione; rivedere profondamente il modello assistenziale per gestire la cronicità; definire una griglia di indicatori per consentire la crescita del livello assistenziale medio delle regioni pia svantaggiate integrando il sistema, teoricamente virtuoso, dei “costi standard” e delle “Regioni benchmark”; affrontare la sfida appropriatezza ristabilendo un meccanismo che premi le aziende virtuose e stigmatizzi i comportamenti non corretti; ma anche investire di pia in prevenzione e innovazione e incentivare la sanità integrativa. E questa la formula pia o meno segreta per risolvere il cubo di rubik della «sostenibilità» del Ssn, che emerge dalle conclusioni dell’Indagine conoscitiva condotta dalle Commissioni riunite V (Bilancio, tesoro e programmazione) e XII (Affari sociali).
II quadro tracciato dalle audizioni degli stakeholder svela senza dubbio un orgoglio di fondo, quello del valore insostituibile del Ssn, quale strumento indispensabile per la tutela della salute, un sistema che comporta oneri al di sotto della media internazionale ed europea. La preoccupazione diffusa è tuttavia che la crisi infinita e la riduzione dei finanziamenti si traducano in una perdita nella qualità dei servizi e nella capacità di rispondere ai bisogni sanitari della popolazione.
Governance e competenze. Servirebbe un nuovo modello per garantire un’erogazione dei Lea omogenea ed eliminare le differenze regionali. Anche perché sono tutti d’accordo: il riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di sanità non funziona. L’alternativa: «regolamentazione svolta a livello centrale in termini di definizione degli standard, controllo e poteri di intervento e rettifica» nettamente distinta dall’erogazione delle prestazioni, affidata alle Regioni. Che dovrebbero avere però un grado di responsabilità decisionale minore rispetto a quello attuale. E a livello centrale, da parte dello Stato, andrebbe effettuata una verifica puntuale non solo sulla correttezza dei bilanci economici ma anche della efficace erogazione dei Lea. Insomma se il pane va razionato, le rose devono essenti per tutti. Anziani e cronici compresi, circondati da nuclei familiari sempre meno in grado di garantire presa in carico e protezione sociale. «Ne deriva l’urgenza – si legge nelle conclusioni dell’indagine – del superamento delle logiche ospedalocentriche a favore della domiciliarizzazione di strutture intermedie», un processo che consentirebbe all’ospedale di divenire il luogo dell’intensività assistenziale, e non pia, come avviene ora, la struttura di intervento generali-sta. II che significa espandere la spesa nell’immediato per ottenere nel medio termine un utilizzo pia efficiente delle risorse e un effetto di contenimento della spesa sul futuro.
Welfare sanitario. I meccanismi di finanziamento da parte dello Stato vanno integrati e corretti. Vanno bene i costi standard e le Regioni benchmark. Ma nel nuovo meccanismo restano «non pervenute» variabili della spesa sempre pia importanti: emergenze territoriali per patologia, densità della popolazione, estensione territoriale regionale, condizioni orografiche, entità dei flussi migratori, indici di povertà della popolazione. Ma anche differenze strutturali, tecnologiche e di risorse umane che rendono «disomogenea la risposta ai bisogni di salute del cittadino».
Per questo «II sistema dei costi standard” e delle “Regioni benchmark”, assolutamente virtuoso in linea di principio, rischia di restare in larga misura una mera enunciazione se non sarà integrato con la definizione di indicatori appropriati, specifici e coerenti con l’obiettivo di consentire la crescita del livello assistenziale medio delle Regioni a maggior svantaggio strutturale». E la valutazione sui Piani di rientro, indispensabili per il raggiungimento del controllo delle variabili finanziarie, non dovrebbe trascurare l’impatto reale sull’efficacia e l’efficienza nella produzione ed erogazione dei servizi, «legando le procedure di verifica degli obiettivi delle Regioni in piano di rientro al miglioramento complessivo dell’attività assistenziale». E in questo ambito va colmata l’assenza dei Liveas, ai fini di una completa integrazione socio-sanitaria.
La sfida dell’appropriatezza. Nel corso dell’indagine conoscitiva è stato riconosciuto da tutti che il modello dell’Azienda sanitaria funziona. Ma la qualità va premiata «promuovendo una virtuosa competizione fra erogatori che induca gli stessi – sia pubblici che privati – ad adeguarsi ai più rigorosi standard di qualità». E su questo fronte una carta da giocare, nel rispetto di certi equilibri, è la mobilità sanitaria, che può rappresentare uno «strumento di incentivazione degli operatori pia efficaci». E in nome dell’appropriatezza, suggeriscono i parlamentari nelle conclusioni dell’indagine, più spazio alla centralizzazione degli acquisti e all’aggregazione selettiva della domanda. E soprattutto pia prevenzione: nel nostro Paese l’80% delle malattie è determinato dalle cattive abitudini (fumo, alcol, eccessiva alimentazione, sedentarietà). E pia innovazione: non è ormai rinviabile l’ammodernamento strutturale e tecnologico del sistema sanitario attraverso risorse certe e serve una maggiore rapidità e omogeneità nell’accessibilità ai farmaci innovativi. Sarà pure l’acqua calda. Ma il soldato Ssn ha bisogno di tutto questo. Per essere salvato e dare il meglio di sé.
Sole 24 Ore Sanità di martedì 27 maggio 2014