Dopo tre anni di Quota 100 a dicembre scadrà Quota 102, ma anche Opzione donna e l’Ape sociale. La fine del governo Draghi ha bloccato il processo di riforma delle pensioni che era atteso con la legge di Bilancio, ora tocca ai partiti avanzare delle proposte per rendere la legge Fornero meno rigida. Nei programmi elettorali tutti, a parte il Terzo polo, sono d’accordo sull’introduzione di misure di flessibilità per consentire l’uscita dal lavoro prima dei 67 anni (con almeno 20 di contributi). Ma nessuna delle coalizioni chiarisce se questo tipo di pensionamento anticipato sarà coperto con delle penalizzazioni dell’assegno.
Anche su Opzione donna e l’Ape sociale le coalizioni si dicono pronte alla proroga, addirittura immaginano una norma strutturale. Oggi Opzione donna consente l’uscita con 58-59 anni di età e 35 di contributi, ma con un taglio dell’assegno di un terzo. L’Ape sociale è un’indennità di 1.500 euro per i lavoratori gravosi con 63 anni e 36 di contributi (o 32 per alcune attività come edili e ceramisti). La politica propone di ampliare le platee e di alzare l’assegno ai beneficiari di questi meccanismi, ma non dice a chi, di quanto e in che modo. Stesso discorso per la pensione di garanzia ai giovani, misura citata nei programmi semplicemente come un titolo.
Il centrosinistra
Il Partito democratico ripropone la riforma a cui stava lavorando il governo Draghi, con una flessibilità moderata rispetto ai requisiti della legge Fornero, per consentire delle uscite anticipate ma senza scassare i conti pubblici. L’altro punto fondamentale per Letta e compagni riguarda l’estensione del pensionamento anticipato per i lavoratori che hanno svolto mansioni usuranti o lavori di cura in ambito familiare.
Nel programma del centrosinistra si legge: «Vogliamo favorire una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione, a partire dai 63 anni di età, da realizzarsi nell’ambito dell’attuale regime contributivo (20 anni) e in coerenza con l’equilibrio di medio e lungo termine del sistema previdenziale».
Il centrodestra
Il programma del centrodestra poggia su due pilastri: le pensioni minime, sociali e di invalidità vanno aumentate; e poi occorre garantire flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, favorendo così il ricambio generazionale. Quanto ai numeri che dovranno accompagnare queste misure, le ricette variano da partito a partito. Il cavallo di battaglia della Lega per superare la legge Fornero è Quota 41. Ovvero, permettere il pensionamento anticipato a tutti i lavoratori che raggiungono i 41 anni di contributi, al di là dell’età anagrafica. Il Carroccio stima 800 mila uscite nel triennio. Una riforma che piace ai sindacati, tanto che Matteo Salvini negli ultimi giorni ha fatto sapere di essere in contatto con Cgil, Cisl e Uil. Proprio ieri, Luigi Sbarra, segretario della Cisl, ha detto che «Quota 41 può essere un grande obiettivo». La Lega punta anche a rendere strutturale l’Ape sociale e Opzione donna.
Il problema di Quota 41 sono i costi: l’Inps ha stimato 4 miliardi nel primo anno, che arrivano a superare i 9 in un orizzonte decennale. Foza Italia, invece, vorrebbe portare le pensioni minime e di invalidità a mille euro al mese. In questo caso, secondo l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, il costo supererebbe i 31 miliardi. Più cauta Giorgia Meloni che non diffonde cifre, ma lascia intendere che le coperture per le pensioni occorre trovarle rivedendo il reddito di cittadinanza.
Il Terzo polo
Carlo Calenda e Matteo Renzi non ritengono che la legge Fornero abbia bisogno di altre deroghe e sono gli unici in questa campagna elettorale a non proporre misure di flessibilità legate al sistema pensionistico. Calenda, presentando il programma del Terzo polo, ha criticato Quota 41, la riforma avanzata dalla Lega: «Costa 65 miliardi di euro, circa la metà dell’intero sistema sanitario italiano. Quota 100 è la misura più sbagliata degli ultimi anni – ha sottolineato – meglio mettere i soldi su sanità e scuola». Il calcolo del leader di Azione si basa sulle stime dell’Inps e somma l’impatto di questa misura anno per anno fino al 2030.
Il programma del Terzo polo accusa la politica di focalizzarsi solo sul lavoro dipendente, perciò auspica un miglioramento del trattamento pensionistico dei lavoratori autonomi, oggi discriminati perché esclusi «da agevolazioni concesse ad altri soggetti».
Un altro tema su cui si concentra la coalizione guidata dall’ex ministro dello Sviluppo economico è rappresentato dagli incentivi per la previdenza dei giovani. Il Terzo polo lancia un programma di sgravi sui piani di previdenza complementare per gli under 35, intervenendo sulla tassazione dei fondi pensione. Il programma suggerisce l’eliminazione del prelievo «del 20% annuo durante la fase di maturazione, favorendo così l’accumulazione di un montante contributivo più elevato».
I Cinquestelle
Il programma del Movimento 5 stelle in materia di previdenza assomiglia al piano del Partito democratico. Abbandonata la riforma Quota 100 del governo Conte 1, i pentastellati indicano una serie di misure per rendere meno rigida la legge Fornero e aiutare le donne e i giovani, il tutto senza trascurare la sostenibilità del sistema. Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico – tecnico vicino al Movimento, che non si è candidato nelle liste per portare a termine il suo mandato all’istituto di previdenza – ha proposto un’uscita a 64 anni con un assegno pari solo alla parte contributiva maturata fino a quel momento, a cui sommare la quota retributiva una volta raggiunti i 67 anni. Il programma dei 5 stelle riserva alle donne una parte consistente dei provvedimenti in cantiere. Le mamme, si legge, «potranno uscire prima dal lavoro grazie a un bonus maturato per ogni figlio avuto». In più, Opzione donna deve essere prorogata fino a diventare strutturale, rendendo però l’assegno più pesante. Quanto ai giovani, il Movimento 5 stelle «prevede il riconoscimento del periodo di tirocinio ai fini pensionistici» e «un aiuto concreto, un assegno di garanzia a tutti quei ragazzi con carriere intermittenti che fanno fatica ad avere un trattamento previdenziale dignitoso». Tra le norme anche «l’ampliamento delle categorie dei lavori gravosi e usuranti» e «l’incremento delle pensioni di invalidità per i disabili».
La Stampa