Il riscaldamento dell’oceano favorisce le nascite, moltiplica le catture del crostaceo e fa crollare il prezzo: il costo per libbra è quasi dimezzato rispetto agli anni d’oro. E persino McDonald’s lancia l’economico McLobster, alla portata di tutte le tasche
Non tutto il male vien per nuocere. E anche l’effetto-serra e il drammatico riscaldamento degli oceani, alla fine, hanno regalato agli esseri umani una piacevole sorpresa: il crollo verticale del prezzo delle aragoste, declassate da costosissima delicatezza riservata a pochi eletti a democratico manicaretto alla portata di tutte le tasche. Carta canta: pochi anni fa una libbra del delizioso crostaceo – pescato soprattutto nelle acque del Maine e del Canada – costava quasi cinque dollari. Oggi a stento arriva a 2,5 dollari. A sgonfiare la bolla dell’aragosta come fosse un titolo internet qualsiasi – sostengono molti esperti – sono proprio i cambiamenti climatici del pianeta. L’acqua dell’Atlantico è sempre più tiepida, la natalità dei gustosissimi (gastronomicamente parlando) decapodi è altissima. Non solo. La “muta” della corazza, evento che una volta avveniva attorno al 4 luglio e segnava l’apertura della stagione di pesca, si è anticipata di molte settimane. E i pescherecci del Nord America sono così stracarichi di aragoste che valgono sempre meno. Negli anni ’90, ha calcolato con precisione il “Financial Times”, si pescavano 28 milioni di libbre l’anno. Oggi siamo a quota 126. E visto che gli armatori riescono ad arrivare al pareggio con un prezzo attorno ai 4 dollari l’oncia, a finire in rosso – per il momento – sono soprattutto i loro conti.
L’overdose di catture, per la banale legge della domanda e dell’offerta, si è già tradotta in una valanga di saldi dei crostacei. Walgreen, una catena di supermercati americani, vende un’aragosta viva a nove dollari. Per i cultori del piatto una sorta di bestemmia, come se un negozio di bigiotteria si potesse permettere di esporre in vetrina i collier di Cartier. Rivoluzionati pure i menù dei ristoranti dove la povera creatura marina, una volta il piatto forte di molti locali, è stata declassata sotto i branzini e altri granchi di lignaggio molto meno nobile. Lo schiaffo peggiore è arrivato però da McDonald’s: annusato il crollo dei prezzi, la catena americana ha fatto incetta all’ingrosso di crostacei e ha varato nei ristoranti di Maine e Oregon l’imperdibile McLobster, una sorta di involtino all’aragosta posizionato come fascia dei prezzi, segno dei tempi, appena sopra il classico BigMac. Sulle strade del Nord-est statunitense sono rispuntati (era già successo nel 2012) pick up carichi di prede vive messe in vendita a prezzi di realizzo (2,9 dollari l’oncia) come cassette di meloni e di fragole. Così va il mercato. E in questi casi tanto vale far di necessità virtù: ok l’effetto serra, ma quando l’acqua sommergerà metà delle terre emerse, potremo almeno consolarci tutti – grazie allo scoppio della bolla dei decapodi – con un bel piatto di aragoste.
Repubblica – 13 agosto 2013