Lo spread non pesa soltanto sulle banche del nostro Paese. Il ritorno delle preoccupazioni sul nostro debito pubblico rischia di trasformarsi in una spina nel fianco anche per i tanti strumenti che hanno per sottostante i Btp, vale a dire che sono investiti anche in titoli di Stato del nostro Paese. Si tratta principalmente dei fondi pensione alternativi, che un giorno dovranno integrare la nostra pensione, di alcune polizze vita, e di alcuni tipi di fondi comuni di investimento che sono nei portafogli di investimento di molte famiglie e che sono considerati a basso rischio. I ribassi di questi ultimi mesi, che hanno fatto scendere i prezzi dei Btp, si vedono già sui risultati di molti di questi prodotti.
E’ il caso, per esempio, dei fondi pensione. Nei primi nove mesi di quest’anno hanno perso terreno su tutti i fronti. Non accadeva dal 2008, altro anno di forte crisi dello spread. Secondo i numeri raccolti da Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, da gennaio a settembre di quest’anno la variazione media aggregata è risultata negativa per tutte le forme pensionistiche complementari. Nel dettaglio, i fondi negoziali hanno registrato un calo dello 0,1%, quelli aperti hanno messo a segno un calo dello 0,2% mentre per i Pip «nuovi» (Unit Linked) il regresso è stato dello 0,1%. Per fare un confronto, nello stesso periodo di tempo, il Tfr è salito dell’1,7% e ha quindi retto all’urto dello spread. Altrettanto era accaduto nel 2008 quando la rivalutazione del Tfr era stata del 2,7% contro cali delle forme pensionistiche alternative del 6,3% e del 14%, rispettivamente per quelle negoziali e per quelle aperte. Va detto tuttavia che tutti questi strumenti sono prodotti di lungo periodo che vanno valutati nell’arco di più anni se non addirittura di più decenni. Se si guarda indietro all’ultima decade, i rendimenti medi annui composti fatti registrare da queste forme pensionistiche nel complesso hanno subito un calo dello 0,2%, appena. Dal dicembre del 2007 al settembre di quest’anno i fondi negoziali guadagnano il 3,1%, quelli aperti il 2,8% mentre per i Pip «nuovi» (Unit Linked) il rendimento è stato del 2%. Nel decennio il Tfr è, invece, in progresso del 2,1%.
A patire l’andamento dello spread sono anche i fondi d’investimento obbligazionari in testa. I fondi che puntano su bond e titoli di Stato, in questi ultimi mesi hanno sofferto anche le turbolenze sullo spread. Nel mese di settembre (ultimo dato disponibile) i fondi obbligazionari hanno segnato un deflusso per 2,2 miliardi (dati Assogestioni). L’emorragia tuttavia è in corso da un po’ di tempo. A pesare è, infatti, anche il contesto internazionale con le preoccupazioni per i rialzi dei tassi in Usa e in Europa, le minacce legate alla guerra commerciale e le turbolenze dai mercati emergenti. Così da inizio anno da questo strumento sono «fuggiti» quasi 20 miliardi di euro.
A soffrire sono anche le polizze vita, in particolare la categoria delle unit linked il cui andamento è legato alla performance di un fondo assicurativo che è investito in valori mobiliari (e quindi anche sui titoli di Stato) oppure in fondi comuni. Molte di queste polizze hanno dovuto incassare perdite, anche per effetto dello spread.
La Stampa