«Abbiano il fegato di votare contro». Com’è, come non è, sono sparite tutte. Magicamente. Via la proposta di introdurre la doppia preferenza di genere cara al Pd, via l’ipotesi del ballottaggio in stile sindaci avanzata da Ncd e via, soprattutto, il limite di due mandati immediatamente esecutivo e retroattivo sostenuto da Forza Italia, sponda Padrin.
Un solo disegno di legge è rimasto in piedi ed è quello, prettamente tecnico e politicamente soporifero, che aggiusta il voto disgiunto e altre piccolezze della legge elettorale dopo la riduzione dei consiglieri che, com’è noto, dalla prossima legislatura passeranno dagli attuali 60 a 50 (più il governatore).
E’ andata, insomma, come tutti si aspettavano che andasse e cioè che un bel insabbiamento in commissione. E l’ordine del giorno della «Prima» (Affari istituzionali e Bilancio) in agenda per oggi sta lì a dimostrarlo. Convocata per le 14.30, la commissione guidata dall’alfaniano Costantino Toniolo discuterà prima il bilancio 2015 e il pluriennale 2015-2017 e poi, se ne resterà il tempo, il progetto di legge 468 d’iniziativa della giunta rubricato «Voto disgiunto. rettifiche testuali e ulteriori modifiche alla legge regionale 16 gennaio 2012, n 5 norme per l’elezione del presidente della giunta e del consiglio». Che fine hanno fatto le altre proposte firmate da Moreno Teso (Fi), Giancarlo Conta (Ncd), Lucio Tiozzo (Pd), Leonardo Padrin (Fi) e Giovanni Furlanetto (Prima il Veneto)? Sono semplicemente state espulse dal dibattito, d’imperio, così che non recassero troppi problemi in una fase delicata quali sono i mesi che anticipano il voto e, di fatto, già vivono della campagna elettorale.
La leggina più insidiosa per la tenuta della maggioranza era, com’è noto, quella di Padrin che prevede l’immediata applicazione, con calcolo retroattivo, del limite dei due mandati per i consiglieri regionali. Una novità che, se mai fosse passata, avrebbe cambiato radicalmente il volto di Palazzo Ferro Fini, lasciando a casa a maggio 27 consiglieri tra cui tutti gli assessori regionali (esclusi solo il presidente Luca Zaia, il vice Marino Zorzato, l’assessore alla Sanità Luca Coletto ed il neo titolare del Sociale Davide Bendinelli) e pezzi importanti della Lega e di Forza Italia (il Pd applica già la regola al suo interno, come da statuto del partito). «Pretendo delle spiegazioni da Toniolo – dice Padrin – perché da sempre, nelle commissioni, le leggi che vertono sullo stesso tema vengono discusse tutte insieme, allo scopo di trovare un testo che faccia sintesi. Qui c’è qualcuno che tenta di sottrarsi alle sue responsabilità, di rifugiarsi nella forma per sottrarsi al dibattito nel merito della proposta. I consiglieri vogliono bocciare la mia legge? Abbiano il fegato di farlo in modo trasparente, alla luce del sole». E intanto il capogruppo di Forza Italia tiene in serbo nel cassetto i pareri dei costituzionalisti che dimostrerebbero come il limite dei due mandati sarebbe perfettamente in linea col dettato della Carta, senza violare il diritto all’elettorato passivo.
Protesta anche il Pd, col capogruppo Lucio Tiozzo (uno di quelli che comunque non ci saranno per la regola interna di cui sopra): «Anche sulla legge elettorale Zaia ha bluffato: ad ottobre aveva dato il via libera all’introduzione del limite dei due mandati per i consiglieri, oggi scopriamo che la proposta neppure verrà presa in esame. Un colpo di mano degno dei peggiori conservatori, sicuramente sostenuto da figure come l’assessore Coppola, che dopo l’ingloriosa uscita dal consiglio ora punta al ritorno. Ed anche sulla doppia preferenza di genere è calata la mannaia ma la battaglia continua».
Marco Bonet – Il Corriere Veneto – 13 gennaio 2015