L’accoglimento avrebbe comportato rimborsi per 2,5 miliardi di euro. La sentenza ancora da depositare. La decisione è presa, anche se non ci sono comunicazioni ufficiali sul contenuto; tutto è rimandato al deposito della sentenza completa di motivazioni, che dovrebbe arrivare a breve. E stavolta non conterrà brutte notizie per i conti dello Stato: la corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione sull’illegittimità delle somme dovute a Equitalia — considerate troppo alte — come compenso per i costi sostenuti nel recupero di imposte e tributi effettuato per conto degli enti creditori.
Una scelta contraria e il conseguente accoglimento del ricorso — aveva avvisato la stessa Equitalia prima che i giudici costituzionali si riunissero in camera di consiglio — avrebbe comportato rimborsi per circa 2,5 miliardi di euro, considerando il totale delle cifre da restituire ai contribuenti dai quali in questi anni era stato riscosso l’aggio per l’attività svolta.
Ma la Consulta non è nemmeno entrata nel merito della questione posta dal giudice che aveva considerato non manifestamente infondate le lamentele di un cittadino torinese che denunciava l’incostituzionalità della quota percentuale fissa, indipendente dalla somma recuperata per conto dell’Agenzia delle Entrate. Sarebbe infatti irragionevole richiedere il 8% in più delle somme recuperate — secondo questa tesi —, sia che queste ammontino a poche migliaia di euro sia che arrivino a centinaia di migliaia, visto che l’attività svolta è sempre la stessa; e in ogni caso non sarebbero rispettate le dovute proporzioni.
Tuttavia la questione concreta è stata posta per un aggio piuttosto basso, poche centinaia di euro su una somma riscossa contenuta, e dunque la decisione della Corte non sarebbe stata rilevante per la causa da cui era scaturita l’eccezione di incostituzionalità della norma. In sostanza il ricorrente aveva posto un problema puramente teorico di cifre troppo alte, su recuperi di grossa entità che non lo riguardavano: di qui l’inammissibilità della questione che, per come la vicenda era stata prospettata da Equitalia, evita un aggravio di spesa che difficilmente sarebbe stato sopportabile dall’Erario, già alle prese con i rimborsi provocati dalla bocciatura del blocco degli aumenti delle pensioni.
Quella sentenza ha provocato tensioni tra la Consulta e il governo che ancora non sembrano superate, soprattutto dopo lo «scambio di opinioni» tra il ministro dell’Economia e il presidente della Corte Alessandro Criscuolo, sulla necessità di tenere conto dei riflessi economici delle loro decisioni da parte dei giudici costituzionali. Il timore della politica, oltre che di Equitalia, era che anche stavolta la Corte procedesse solo sul piano del diritto, senza considerare le ricadute per i conti statali. È avvenuto qualcosa di diverso: i giudici non hanno affrontato il merito della causa, considerandola inammissibile. E, almeno per il momento, non hanno dato il via libera a futuri nuovi rimborsi, con conseguenti buchi di bilancio.
A differenza di quel che si immaginava, dalla Consulta non sono arrivati comunicati con l’anticipazione del verdetto — varato da 11 componenti su 15, perché due posti sono vacanti, uno non partecipa più alle camere di consiglio poiché scadrà tra poco più di un mese e il presidente Criscuolo era assente — come avviene per le questioni più rilevanti. Forse per evitare di dare l’immagine, dopo le recenti polemiche, di una Corte che si fosse immediatamente adeguata ai desiderata del governo e alle esigenze della politica.
Giovanni Bianconi – Il Corriere della Sera – 27 maggio 2015