Francesca Schianchi. Un incontro da richiedere al governo, per avviare un percorso virtuoso. Facendo presente però che la pretesa di 700 milioni «non è equilibrata». Ieri, la riunione straordinaria della Conferenza delle regioni si è limitata a discutere di questo. «Ma molto presto ci dovremo presentare con gli stivaloni per la battaglia…», scherza l’assessore alla sanità del Veneto, Luca Coletto, prevedendo discussioni sanguinose tra le Regioni quando si tratterà di suddividere fra loro i 700 milioni di risparmi richiesti dal governo.
Il decreto in cui è prevista la misura è stato firmato ieri dal capo dello Stato: in mattinata, quando i rappresentanti dei territori si sono riuniti per discuterne, ancora sfogliavano il testo non ufficiale. Ma già la loro posizione è appunto chiara, riassunta per tutti dal presidente, l’emiliano Vasco Errani: «La proposta di taglio di 700 milioni va rivista perché non è equilibrata rispetto al peso che lo stesso taglio ha per il comparto statale». Tagli lo stato centrale, insomma, ché nelle Regioni, giurano, hanno già dato.
«Chiederemo un incontro alla presidenza del Consiglio», annuncia Errani, perché «se da una parte è positivo che non ci siano tagli alla sanità» (si era parlato di un intervento monstre di 2,4 miliardi di euro in due anni sul comparto) «dall’altra vogliamo avviare subito un lavoro con il governo finalizzato alla piena applicazione dei costi standard. È questa la strada che permetterebbe di garantire un salto di qualità all’intero sistema». Sono già state individuate «regioni benchmark», ossia regioni di riferimento sul tema (Emilia, Umbria e Veneto), ora «si deve realizzare nella sanità, ma non solo, un percorso di adeguamento a quei costi standard», che permetterà di smetterla di parlare di regioni «virtuose» e non, suddivisione che respinge Errani, rappresentante di tutti, ma che invece ripropone il governatore veneto Luca Zaia: d’accordo che «se si applicassero i costi standard, comprando beni e servizi a costi minori, si potrebbero risparmiare 30 miliardi di euro», ma se ora queste faticose sforbiciate vanno recuperate «si devono fare nelle regioni in cui lo spreco e la mala gestione hanno prodotto debiti spaventosi».
In realtà, come saranno suddivisi i tagli se ne parlerà in futuro. Per ora, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto, non resta che studiarne i dettagli, «a breve avvieremo una verifica con un percorso concreto: un’ipotesi a cui stiamo lavorando prevede la possibilità di mettere a disposizione di quelle regioni che non ne sono provviste l’uso di piattaforme di acquisto, già operative in molti territori», suggerisce Errani. Che ieri ha espresso la posizione delle regioni anche sulle riforme costituzionali, in audizione a Palazzo Madama: sì a un Senato non elettivo («presenza esclusivamente indiretta, di secondo grado, rappresentanza in rapporto alla popolazione»), in cui però sia mantenuto su alcune questioni il regime concorrente («in moltissime materie non è annullabile»), facendo una legge bicamerale che stabilisca chiaramente «chi fa cosa sulle competenze concorrenti».
La Stampa – 25 aprile 2014