Ci sono momenti duri. Che diventano ancora più critici se si deve cercare un nuovo lavoro a una certa età, magari dopo un certo numero di legislature a Roma.
Perché gli elettori veneti, questa volta, sono stati implacabili: spostando il voto sul Movimento 5 Stelle che ha così spinto un nutrito gruppo di grillini in parlamento, le porte delle due camere romane si sono chiuse (con uno schianto che si è sentito fino a Nordest) per alcuni aficionados di Montecitorio e palazzo Madama. È il caso di Antonio Borghesi, deputato uscente dell’Italia dei Valori definitivamente uscito dal giro della capitale con la Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. Ma Borghesi non è l’unico parlamentare rimasto in Veneto ancor prima dei risultati definitivi del Senato. Rischia anche l’avvocato Maurizio Paniz, terzo in lista alla Camera, che al momento è fuori.
Con lui resterà a casa anche l’ex deputato del Pdl Fabio Gava che, salito alla ribalta delle cronache per aver fatto precipitare la maggioranza berlusconiana per spianare la strada a Monti è rimasto fuori da palazzo Madama proprio dalla ridiscesa in campo del Cavaliere, capace di portare nuova linfa agli azzurri a spese di Scelta Civica. Con Gava resta in Veneto anche il montiano Maurizio Fistarol che, dopo aver superato la prova della quattordicesima e quindicesima legislatura prima con la Margherita e poi con il Partito Democratico, non è sopravvissuto (elettoralmente) al test del partito di Monti. Passando da Monti alla Lega, il cui risultato ha superato in negativo le previsioni, in difetto di sorriso troviamo il consigliere regionale Paolo Tosato che torna sui banchi di palazzo Ferro Fini a guardia del fortino tosiano e Franco Zorzo che da Tombolo torna a Tombolo dove continuerà a fare il sindaco fino a fine mandato. E a proposito di primi cittadini, incassa un magro risultato anche Giancarlo Piva, sindaco del Pd di Este, che ha visto il suo partito sopportare il sorpasso del Pdl e di Grillo in un colpo solo anche nella sua città. Non resta in Veneto invece, ma solo perché è toscano di Firenze, Pape DiawMbaye, senegalese capolista di Sinistra Ecologia e Libertà che non manda a Roma nemmeno un senatore.
Zero assoluto anche per Raffaele Zanon di Fratelli d’Italia che, autore dello spot contro il matrimonio gay più criticato della rete, dovrà continuare le sue politiche omofobe dalle stanze di Veneto Innovazione di cui ha la presidenza. Per la Camera invece la questione è più complessa: per poter stabilire con certezza gli eletti e gli esclusi bisogna aspettare i risultati su tutto il territorio nazionale che, tra conti acrobatici e ripescaggi, può riservare sorprese anche questa mattina. E se nel Pdl sono in bilico il fondatore della Green Power Christian Barzazi, illuminato dai riflettori del famigerato «Lei viene? Quante volte viene?» e il sindaco di Scorzé Giovanni Battista Mestriner, per il Pd sono a rischio Floriana Casellato e Roger de Menech. A dirla tutta, dal quinto posto in poi delle liste di Pd e Pdl nessuno ha dormito sonni tranquilli. Più riposante (anche se un filino depressivo) invece la dormita di Massimo Donadi, ex Idv uscito dal partito dopo la rottura con Di Pietro, visto che in Veneto il suo Centro Democratico non ha superato i pioli della steccionata elettorale. Stesso problema anche per Stefano Valdegamberi che, visto il risultato dell’Udc, è costretto a rimanere a palazzo Ferro Fini (a meno che il possibile eletto Mario Catania non gli ceda il passo) insieme ad Andrea Causin (Lista Monti) appeso alla decisione del capolista Alberto Bombassei che potrebbe rinunciare in favore di un’altra circoscrizione elettorale. Sempre in ambito montiano è difficile l’elezione di Domenico Menorello che con il suo terzo posto in Scelta Civica è difficile che varchi l’uscio di Montecitorio.
Corriere del Veneto – 26 febbraio 2013