Il “davanti” in etichetta sopravvalutato. Ma già lo studio FLABEL dimostrava come non fosse così centrale. Più importante un’offerta di ailmenti sani presso il punto vendita. La ricerca
Dopo le richieste dei consumatori europei riuniti nel BEUC, che avevano supportato l’idea di una estensione a tutti i 27 Stati membri del sistema di etichetta sul davanti, il“Traffic Light” inglese, la doccia fredda. Tale pare il risultato di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Appetite. Non ci si mettono insomma solo ragioni di ordine per così dire “politico” (discriminazione di prodotti alimentari tradizionali), come già ricordato da queste colonne e peraltro condiviso da tanti altri (non ultimo il Ministro Lorenzin). Ma proprio aspetti di ordine pratico. Basterebbe- in base alla normativa attuale, anche solo uno dei precedenti aspetti per dichiarare la nullità del sistema inglese. Ma vediamo più nel dettaglio.
Cosa succede?
In base sia al regolamento 1169/2011 (“Food Information to Consumers”) sia al documento della Commissione Europea “Domande e Risposte”, che dovrebbe aiutare a chiarirne i passaggi più controversi, le informazioni aggiuntive circa aspetti nutrizionali possono essere fornite su base nazionale. A patto di:
– Non fuorviare il consumatore, ed essere anzi ben compresa, orientandone una dieta sana;
– Non discriminare i prodotti alimentari ed essere obiettive;
– Trovare concordi parti sociali ed economiche (stakehodlers) in merito alla realizzazione.
Già su questi 3 aspetti a ben vedere, vi sarebbero grosse problematiche di accettazione in Italia. Intanto, la comprensione dei consumatori va verificata, considerati i livelli di analfabetismo alfanumerico purtroppo molto diffusi nel nostro paese. Così come il presupposto che le informazioni fornite (concedendo siano comprese) siano in grado di migliorare gli stili alimentari.
In secondo luogo, la discriminazione dei prodotti e le annesse barriere commerciali sono evidenti (e un sistema produttivo agroalimentare come quello italiano rischia di uscirne pesantemente penalizzato, qualora si decidesse per una estensione pan-europea). Sulle parti sociali già si è detto: una policy così è controversa in partenza.
Gli studi presso i consumatori
Come già doveva essere richiesto per gli Health & Nutrition claims, di fatto mai applicata, i messaggi nutrizionali dovrebbero –almeno quelli approvati da EFSA- dimostrare-dopo studi scientifici- di essere ben compresi dal consumatore medio e ragionevolmente informato. Anche il regolamento 1169 recepisce tale ratio: eventuali informazioni nutrizionali aggiuntive, “si basano su solidi studi presso i consumatori, scientificamente validi, e non inducono in errore il consumatore”.
Ecco allora lo studio, condotto su 1000 soggetti (tra Germania e Polonia). I risultati, sono i seguenti e ridimensionano parecchio la volontà di un unico schema europeo, -soprattutto quando fornito su dubbie basi come sembra il sistema inglese-: i consumatori nazionali sono assai diversi tra loro e hanno differenti percezioni e usi del “Front of the Pack” . In alcuni casi, come dimostra la ricezione da parte di tedeschi e polacchi, non serve affatto ad orientare meglio le scelte dei consumatori.
La ricerca in realtà sottolinea risultati diversi rispetto a quelli che la comunità scientifica ormai dava “in giudicato”: su più riprese infatti il Front of Pack aveva dimostrato –sia in USA che in Europa- di essere apprezzato dai consumatori. Uno studio aveva dimostrato come oltre l’87% dei partecipanti fosse in grado, nel Regno Unito, di avvantaggiarsi di tale schema. E gli sforzi per creare unconsensus scientifico internazionale in tal senso sono stati ingenti.
Onere della prova
Sebbene il FoP come sistema di etichettatura sia da tempo sotto osservazione da parte degli inglesi (che già avevano pubblicato un documento di consensonel 2007 con la Food Standard Agency), gli studi sulle migliori modalità di etichettatura sono da tempo avviati in Europa, sia a livello istituzionale (ad esempio, il progetto FLABEL) sia individuale di ricercatori.
Ma nell’ultimo documento del Dipartimento della Salute del Regno Unito, si invertiva curiosamente l’onere della prova: “vi è evidenza che una maggiore penetrazione di mercato sia fondamentale per familiarizzare con queste informazioni” ( “However, there is evidence that market penetration is key to consumers noticing and becoming familiar with the information”, a pagina 7). Come dire: se i consumatori non lo capiscono, è perché non è abbastanza presente nella distribuzione e sui prodotti. E quindi non bisogna fare tanto studi, quanto proporglielo e cambiare loro le preferenze con un approccio sul lato dell’offerta più che della domanda.
In media in Europa la penetrazione di mercato delle etichette sul davanti è del48% contro l’85% di quelle a qualsiasi tipo presenti. Ma la ricerca FLABEL aveva proprio evidenziato come il FoP fornisse poca informazione aggiuntiva rispetto all’etichettatura nutrizionale in quanto tale. “Nutritional information, regardless of front-of-pack format, is sufficient to enable consumers to detect more healthful alternative”, uno dei risultati principali resi noti.
E l’altro, forse ancora più fondamentale: per aumentare la salubrità delle scelte alimentari, l’etichettatura nei diversi format è poco influente: più rilevante invece “assortire” i prodotti in modo da suggerire un consumo più sano. Se proprio si vuole agire dal lato dell’offerta –sembra il messaggio- conviene andare sulla sostanza, e non sulla forma (o marketing).
Sicurezza Alimentare – Coldiretti – 6 agosto 2013