C’è chi timbra il cartellino e poi va a fare la spesa e chi invece, al lavoro, non ci va proprio perché si ammala per finta. Specialmente il lunedì, o il venerdì. Per i primi – quando colti in flagranza di reato – le nuove regole della pubblica amministrazione prevedono sospensione entro 48 ore dal lavoro e dallo stipendio e licenziamento entro un mese. I secondi invece, per il momento, possono ancora farla franca, perché le assenze brevi sono difficili da controllare e per quelle lunghe l’arrivo del medico legale è praticamente un’utopia.
Anche su questo punto, in realtà, le regole stanno cambiando, ma allo stato attuale le norme sui controlli in caso di assenza per malattia sono diverse a seconda che si parli di settore privato o pubblico. Nel primo caso le visite fiscali sono effettuate dai medici convenzionati con l’Inps, nel secondo dalle Asl. Non sarà più così, anche perché il servizio delle aziende sanitarie locali – hanno scoperto a Palazzo Chigi – è carente e costa troppo: 70 milioni di euro l’anno, ha calcolato un anno fa la Commissione Affari sociali della Camera. Bisogna riorganizzare i controlli, attivare le economie di scala e affidare tutta la gestione delle malattie, quelle «private come quelle «pubbliche», all’Inps. Così facendo, ipotizzava la Commissione, si potrebbe arrivare ad una taglio della spesa fino al 50 per cento. Detto fatto: la legge delega per la riforma della pubblica amministrazione prevede la costituzione di un «Polo Unico della medicina di controllo» affidandone tutte le competenze all’Inps. I tempi per varare i decreti attuativi scadono nei primi mesi del 2017, ma il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia ha detto di voler provvedere entro luglio. Il provvedimento dovrà definire dettagli e soprattutto risorse, ma in attesa di leggere le nuove norme il controllo delle malattie nella pubblica amministrazione è quasi totalmente assente. Le Asl non ci pensano più, l’Inps non ancora: in teoria già potrebbe farlo su richiesta della pubblica amministrazione che per avere accesso al servizio dovrebbe pagare una tariffa (come fanno le aziende private che vogliono mandare il medico a casa del dipendente). Molto improbabile che lo facciano: di fatto siamo in una terra di mezzo, dove la gatta non c’è e i topi ballano.
Ecco quindi spiegati i dati sull’assenteismo in aumento nel pubblico impiego. La crescita è generalizzata, ma tocca l’apice nei week-end. I dati sono fermi al confronto fra 2013 e 2014: fra un anno e l’altro le malattie iniziate il lunedì o il venerdì sono solo apparentemente diminuite, tenendo conto dei giorni festivi sono aumentate. Le malattie durate un solo giorno sono aumentate del 5,5 per cento e hanno costituito oltre il 27 per cento del totale. Quelle entro i tre giorni arrivano al 44. «Nel 2014 – puntualizza uno studio della Fimmg, la federazione dei medici di famiglia – si sono avute 750 mila giornate di malattia in più nella P.a. , per un costo di 100 milioni». Se i giorni perduti nel pubblico, fatte le debite proporzioni, avessero lo stesso andamento di quelle del privato, sostiene lo studio, si potrebbe generare un risparmio totale di 1,5 miliardi. I controlli dunque si fanno poco e male: ma a chi accusa i medici di compilare i certificati al telefono, Alfredo Petrone, segretario generale Fimmg per i medici Inps, risponde che «le critiche sono inaccettabili. Per le assenze brevi riscontrare l’obiettività è difficile: il paziente viene il giorno dopo a dirti che il giorno prima aveva mal di testa ». Quanto alla costituzione di un Polo Unico, la categoria è d’accordo, «ma oltre ai risparmi è fondamentale che al trasferimento dei controlli corrisponda una crescita della qualità dei controlli stessi. Molto dipenderà dalle risorse dedicate». Fatte le nuove regole bisognerà poi controllarne l’applicazione e il potere deterrente attivato. Da questo punto di vista le prospettive non sono facili: ieri, a poche ore dalla stretta sui furbetti del cartellino, la Guardia di Finanza ha adottato misure cautelari su 7 dipendenti Inps di San Giuseppe Vesuviano per reati nell’utilizzo del badge.
Repubblica – 17 giugno 2016