È entrato in vigore a Ferragosto tra le polemiche il provvedimento previsto dalla spending review. Obbligo di prescrivere il principio attivo, non il nome del prodotto, a meno che sia «non sostituibile». «La scelta passa al farmacista»
Dura lex, sed lex. Mezza Italia è in ferie, rintanata a casa o nei luoghi di villeggiatura, comunque volutamente distratta e poco attenta alle novità anti crisi che arrivano da Roma. E così, fra la disattenzione pressochè generale, a Ferragosto (ossia dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) è entrato in vigore il Decreto legge che impone ai medici di prescrivere i farmaci, in alcuni casi, per principio attivo e non più per nome.
PRINCIPIO ATTIVO. Un esempio per chiarirci le idee. Colpo della strega. Vado dal mio medico e gli chiedo un antidolorifico-antiinfiammatorio. Mi sono sempre trovata bene con il Voltaren, ma il medico – adesso – nella ricetta rossa deve indicare il principio attivo. Diclofenac, nello specifico. «Il problema è che in farmacia esistono più confezioni di Diclofenac e la scelta finale viene fatta dal farmacista, per cui io medico non so quale farmaco assumerà il mio paziente», sottolinea Lorenzo Adami, segretario provinciale della Fimmg, il sindacato dei medici di medicina generale. «Non è una questione di poco conto», incalza il medico, «perchè parliamo di farmaci equivalenti, non uguali. Per legge, il farmaco equivalente può contenere il 20% in più o in meno di principio attivo del farmaco griffato. Inoltre cambiano gli eccipienti, che in taluni casi possono provocare allergie. Io medico devo sapere se il mio paziente può incorrere in una reazione avversa».
FARMACI EQUIVALENTI. «Promuovere il consumo dei farmaci equivalenti o generici è giusto, doveroso direi», annota il segretario della Fimmg, «ma il governo tecnico per farlo ha scelto il metodo sbagliato, costringendo noi medici a fare delle cose da cui sortirà l’effetto contrario. Per tutelare il paziente, il medico sarà obbligato a inserire nella ricetta la formuletta magica “non sostituibile” per evitare che la terapia farmacologica risulti poco o meno efficace . Secondo noi, il rischio è che questo decreto favorisca la sostituibilità del farmaco».
MODELLO VERONA. La Fimmg rivendica la bontà del progetto Arpa, operativo nell’Ulss 20 da oltre cinque anni. «Il governo avrebbe potuto studiare cosa abbiamo fatto noi qui a Verona, prima di decidere senza consultarci. Verona è un modello virtuoso: siamo al primo posto per uso di farmaci generici. Quasi il 40%, contro una media nazionale del 13%. Per evitare gli effetti negativi dell’imposizione governativa, cercheremo la collaborazione dei farmacisti, che sappiamo essere disponibili. Dobbiamo creare una sorta di fidelizzazione fra paziente, medico e farmacista. Il paziente deve poter concordare con il proprio medico la terapia e deve essere nelle condizioni di trovare il farmaco prescelto nella farmacia abituale. Un’alleanza finalizzata alla tutela della continuità terapeutica. Se il paziente è abituato a cambiare farmacia, rischia di vedersi consegnare, di volta in volta, un prodotto diverso e così non va bene». Le nuove disposizioni, per fortuna, non riguardano le patologie croniche, per evitare possibili, seppur rari inconvenienti nel passaggio da un medicinale all’altro.
L’Arena – 17 agosto 2012