È un grande sollievo per i consumatori di arnica e degli altri 12 mila prodotti omeopatici. Non rischiano di trovare boccette di globuli e tubi di pomata a prezzi lievitati. E di veder scomparire dalle farmacie le preparazioni con indicazioni per patologie meno frequenti. Il Tar ha infatti accolto il ricorso delle industrie contro il decreto che introduceva tariffe salatissime per il rinnovo delle autorizzazioni alla vendita dei medicinali in commercio dal ‘95.
Si parla di 21 mila euro invece dei 31 previsti adesso. Col nuovo sistema, previsto da norme pubblicate in Gazzetta Ufficiale lo scorso marzo, alcune officine italiane avrebbero potuto ridurre il «campionario» terapeutico o alzare i prezzi.
Secondo il tribunale amministrativo la stangata sui medicinali omeopatici e antroposofici (la medicina alternativa fondata da Steiner) è illegittima. L’unico ritocco consentito sarà il 10% indicato dalla legge che porta la firma dell’ex ministro della Salute, Renato Balduzzi. Le aziende rappresentate dall’associazione Omeoimprese presieduta da Fausto Panni lamentano altri guai. Nel 2015 entra in vigore la legge che per il rinnovo dell’autorizzazione al commercio impone di presentare all’Agenzia nazionale del farmaco, un dossier complesso, secondo una direttiva europea. Il timore è di non arrivare in tempo. In realtà in un documento ufficiale di 8 mesi fa l’Aifa raccomandava il da farsi chiarendo, nuovamente, cosa doveva essere fatto per non trovarsi con l’acqua alla gola.
Poi, l’approvvigionamento delle materie prime. Aifa esige qualità e controlli rigorosi. Nel documento del giugno 2013 si parla invece di «materie prime di notevoli criticità per l’ottenimento di omeopatici sicuri. Il problema è ancora più evidente se si riflette sul fatto che tali prodotti poiché considerati comunemente innocui, data l’origine naturale e la diluizione, vengono largamente usati in bambini anche neonati e donne in stato di gravidanza». Tra gli esempi citati, l’Oscillococcinum, usato per la prevenzione dell’influenza, derivato da diluizione di fegato d’anatra putrefatto.
Margherita De Bac – Il Corriere della Sera – 24 febbraio 2014