«Non è possibile impostare livelli di sicurezza per il fenilbutazone nei prodotti alimentari di origine animale e quindi l’utilizzo nella catena alimentare dovrebbe rimanere vietata». E’ quanto emerge da una valutazione congiunta dall’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea dei medicinali (Ema). In ogni caso «la presenza illegale di residui di fenilbutazone in carne equina è di scarsa preoccupazione per i consumatori a causa della bassa probabilità di esposizione e del verificarsi di effetti tossici complessivi». Le agenzie, nella loro valutazione congiunta, ribadiscono la necessità di intensificare il monitoraggio e la comunicazione dei dati relativi alla presenza di residui di medicinali veterinari negli animali vivi e nei prodotti alimentari di origine animale in tutta l’Ue.
La richiesta di consulenza da parte della Commissione europea ad Efsa ed Ema era seguita al recente ritrovamento di prodotti bovini adulterati con carne di cavallo e la scoperta del fenilbutazone in carcasse di cavalli che entrano illegalmente nella catena alimentare.
Il fenilbutazone era stato precedentemente valutato da Ema nel 1997 per stabilire i limiti massimi di residui (Lmr) negli alimenti di origine animale. I dati disponibili in quel momento non hanno permesso una conclusione. Poiché non è stato possibile stabilire i Lmr, gli animali trattati con fenilbutazone non possono entrare nella catena alimentare. Nella loro valutazione dei rischi congiunta, ora gli esperti dell’Efsa e Ema riconfermano queste conclusioni.
Il fenilbutazone è talvolta usato in medicina umana per il trattamento di pazienti con grave artrite reumatoide ed è stato collegato alla rara presenza di una malattia del sangue, l’anemia aplastica, che è stata osservata in 1 su 30.000 persone trattate. La relazione ha concluso che la probabilità che un individuo predisposto in un dato giorno possa consumare carne equina contaminata e sviluppare questa condizione è estremamente bassa. La genotossicità di fenilbutazone (cioè la sua capacità di danneggiare il Dna umano) non può essere esclusa, anche se è considerata improbabile. Il rapporto ha anche concluso che il rischio di cancerogenicità è molto basso data la scarsa frequenza stimata di consumo di carne di cavallo contenente residui di fenilbutazone (consumata come tale o contenuto in prodotti di carne bovina adulterati con carne di cavallo).
Le misure proposte da Efsa ed Ema per ridurre ulteriormente il rischio comprendono l’introduzione di un sistema di identificazione affidabile per i cavalli, l’armonizzazione dei controlli di fenilbutazone e il miglioramento della comunicazione dei dati di monitoraggio dei residui di farmaci veterinari e di altre sostanze in tutta l’Ue
Il comunicato sul sito dell’Efsa
La valutazione congiunta delle Agenzie
a cura Ufficio stampa Sivemp Veneto – 15 aprile 2013 – riproduzione riservata