“In nome di Dio, dell’Italia e dell’ Europa, vai!”. E’ l’invito inequivocabile contenuto nell’ editoriale del Financial Times dedicato all’Italia e alla crisi europea. Il quotidiano britannico, che dedica l’intera apertura della prima pagina alle vicende italiane, sostiene che “solo un cambio di leadership potrà ridare credibilità all’Italia”. Un cambio di leader “imperativo” anche se, aggiunge, “sarebbe ingenuo credere che quando Berlusconi se ne andrà, l’Italia possa reclamare subito piena fiducia dei mercati”.
L’editoriale, il primo contenuto nella rubrica dei commenti, “senza paura e senza favore”, pur dedicando il titolo all’appello verso il presidente del Consiglio Italiano, parte dall’analisi dei risultati del summit del G20 nel quale – sostiene – “i più potenti leader del mondo si sono trovati senza poteri di fronte alle manovre dei due premier europei: George Papandreou e Silvio Berlusconi”. Vengono messe in risalto le similitudini tra i due primi ministri: “Tutti e due si reggono su una sottile e risicata maggioranza parlamentare, e tutti e due stanno litigando con il loro ministro delle finanze. Ma, la cosa più importante di tutte, hanno entrambe la tendenza a rinnegare le loro promesse in un periodo nel quale i mercati sono preoccupati sulle finanze pubbliche dei loro paesi”. Ma – viene evidenziato – hanno anche “una grande differenza: l’Italia ha raggiunto un debito di 1.900 miliardi di euro ed è così alto che è potenzialmente in grado di destabilizzare l’economia del mondo in un modo superiore a quello che potrebbe atene”. “La buona notizia – prosegue l’editoriale citando i dati degli spread – è che l’Italia è, ovviamente, ancora un paese in grado di pagare i suoi debiti” anche se “tuttativa i tassi di interessi sul suo debito stanno diventando sempre meno sostenibili”. Il nodo più problematico – viene comunque spiegato – è che l’Italia ha aderito alla richiesta di riforme strutturali raccomandate dall’europa e del G20 che il Fondo Monetario internazionale dovrà monitorare nei suoi progressi. “Ma il rischio che potrebbe minare il paese riguarda il leader attuale: avendo fallito l’obiettivo di realizzare riforme nelle due decadi passate in politica, Berlusconi manca della credibilità per portare avanti questi significativi cambiamenti”. Così, anche se non sarebbe una soluzione a tutti i problemi, “il cambio di leadership è imperativo” e “un nuovo primo ministro impegnato nelll’agenda della riforma potrebbe rassicurare il mercato, che è alla ricerca disperato di un piano credibile per bloccare la corsa del quarto debito più grande del mondo”. “Dopo due decadi di inefficace politica da showman, le sole parole da dire a Mr Berlusconi fanno eco a quelle usate da Oliver Cromwell. In nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa, vai!”. Non meno teneri sono poi i contenuti degli articoli della cronaca nelle quali si spiega che, al G20, l’Italia ha accettato un monitoraggio del Fmi “altamente intrusivo” e che questa è una “concessione senza precedenti” per un paese che non è fallito mentre, nel servizio dedicato alla politica italiana, viene titolato così: “il sopravvissuto dell’Italia determinato a durare”.
In God’s name, go! – l’articolo del Financial Times in lingua originale
In a Group of 20 summit that fell well short of what was needed, the world’s most powerful leaders were powerless in the face of the manoeuvres by two European premiers: George Papandreou and Silvio Berlusconi.
The similarities between the two prime ministers are striking: both men rely on a thin and shrinking parliamentary majority and they are both squabbling with their own ministers of finance. Most importantly, they both have a dangerous tendency to renege on their promises at a time when markets worry about their countries’ public finances. There is, however, one important difference: having reached €1,900bn, Italy’s public debt is so high that its potential to destabilise the world economy is way above that of Athens.
The good news, of course, is that Italy is still a solvent country. However, the interest rate on its debt is becoming ever less sustainable. The spreads between Italian and German 10-year bonds have doubled over the summer. Yesterday, they reached a euro-era record of 463 basis points and would have probably been higher if the European Central Bank was not buying Italian bonds. Although Rome can sustain high interest rates for a limited time period, this process must be halted before it becomes unmanageable. Next year Italy has to refinance nearly €300bn worth of debt. As the eurozone crisis has shown too well, once spreads have risen, they are extremely difficult to bring down.
The most troubling aspect is that this is happening even as Italy has agreed, in principle, to the structural reforms recommended by Europe and the G20. That the International Monetary Fund will monitor Rome’s progress can only be a good thing. However, this risks being undermined while the country retains its current leader. Having failed to pass reforms in his two decades in politics, Mr Berlusconi lacks the credibility to bring about meaningful change.
It would be naive to assume that, when Mr Berlusconi goes, Italy will instantly reclaim the full confidence of the markets. Clouds remain over the political future of the country and structural reforms will take time before they can affect growth rates. A change of leadership, however, is imperative. A new prime minister committed to the reform agenda would reassure the markets, which are desperate for a credible plan to end the run on the world’s fourth largest debt. This would make it easier for the European Central Bank to continue its bond-purchasing scheme, as it would make it less likely that Italy will renege on its promises.
After two decades of ineffective showmanship, the only words to say to Mr Berlusconi echo those once used by Oliver Cromwell.
In the name of God, Italy and Europe, go!
fonte:ft.com