Entro il 16 dicembre gli italiani sono chiamati a versare il saldo dell’Imu sulle seconde case e sugli immobili strumentali, al quale si somma il balzello sulle pertinenze aggiuntive alla prima casa e quello per la Tares
MILANO – Tempo agli sgoccioli per oltre 16 milioni di italiani, chiamati a versare a vario titolo il saldo dell’Imposta municipale per gli immobili, in particolare quelli diversi dall’abitazione principale: la scadenza di lunedì 16 dicembre è giunta. Calcolatrici compulsate per molti cittadini, che sono agli ultimi calcoli per poi effettuare il pagamento. L’aliquota sulla seconda casa o affini è salita oltre quella standard (7,6 per mille) nell’80% dei casi, con 877 Comuni che sono al livello massimo (10,6 per mille). Se all’Imposta per la casa o gli immobili strumentali si aggiunge il saldo Tares, il conto per le casse dello Stato arriva a 16 miliardi.
Il punto di partenza è che l’acconto versato nello scorso giugno è stato pari alla metà del tributo dovuto nel 2012. Questo perché molti Comuni hanno fissato i livelli definitivi d’imposizione solo dopo quella data e quindi – per tagliare la testa al toro – si è deciso di non complicare eccessivamente quel versamento. Ma se a giugno è filato tutto liscio, il risultato è che ora, proprio sotto Natale, per gli italiani si presentano al pettine i nodi dei rincari stabiliti dagli Enti locali e dal governo. Se, invece, l’aliquota è rimasta uguale a quella dello scorso anno il saldo da pagare entro domani sarà esattamente uguale all’acconto versato a giugno.
Qualora invece ci sia stato un aumento dell’aliquota, cosa che è avvenuta in molti Comuni – come mostra la tabella che riguarda la situazione dei capoluoghi – bisogna rideterminare il contributo relativo al 2013. In questo caso, si parte dall’individuazione del valore catastale: si prende la rendita catastale, si aumenta del 5% e si moltiplica per il coefficiente di 160. A quel punto si applica l’aliquota per il 2013. Il saldo da versare sarà pari alla cifra con l’aliquota 2013, meno l’acconto versato a giugno. Prendiamo un esempio specifico. Nel caso di una rendita catastale da 400 euro, il valore imponibile ai fini Imu sarà di 67.200 euro (400 + 5% = 420 euro x il coefficiente di 160 = 67.200 euro). Nel caso di un’aliquota al massimo, 10,6 per mille, il valore 2013 dell’Imu sarà di 712,32 euro. Ora, se nel 2012 quella casa aveva subito un’imposizione del 7,6 per mille (livello base), significa che l’anno scorso l’Imposta era stata di 510,72 euro. Nel giugno 2013, dunque, il proprietario di quella casa avrà pagato un acconto da 255,36 euro (il 50% di 510,72 euro, l’Imu 2012). Il saldo del 2013, dunque, sarà dato dal valore totale dell’Imposta 2013 (712,32 euro) meno l’acconto già versato (255,36 euro): 456,96 euro.
Bisogna poi fare attenzione a come i vari Comuni hanno deciso di trattare le abitazioni diverse da quella principale ma assimilate ad essa, come avviene per quelle in comodato ai figli che vi abitano, oppure quelle delle persone che si trovano ricoverate presso case di cura. Discorso ancora diverso per gli immobili strumentali, che vanno dai capannoni ai negozi, passando per alberghi e immobili delle imprese. In questo caso, oltre a considerare la variazione dell’aliquota, bisogna ricordare che – a livello centrale, indipendentemente dai Comuni – è cambiato il coefficiente per calcolare il valore catastale ai fini dell’Imu. La rendita che si desume dall’atto notarile di compravendita va rivalutata del 5% e moltiplicata per 65 (mentre il coefficiente era a 60 nel 2012). Un aggravio non da poco conto.
Ancora, bisogna considerare quei 2 milioni di italiani che dovranno versare la tassa relativa alle pertinenze dell’abitazione principale. In questo caso, infatti, l’esenzione è scattata per le prime abitazioni e una pertinenza (solaio, box, cantina, posto auto o simili) ad essa congiunta. Ma nel caso un’abitazione principale abbia più di una pertinenza, il posto auto o la soffitta in più devono passare sotto le forche caudine del fisco. Secondo i calcoli della Uil di cui dà conto Repubblica in edicola, si tratta di un saldo medio da circa 53 euro a pertinenza.
Ma lunedì 16 dicembre non manda in scena solamente le abitazioni o gli immobili strumentali. Segnata sull’agenda degli italiani c’è anche la Tares, che secondo i calcoli della Uil è aumentata del 35% in un anno, portando il conto 2013 a 305 euro di media. Una situazione che, per le imprese e secondo la denuncia della Cgia di Mestre, determina un boom di aumenti fiscali. L’organizzazione veneta rileva come sui capannoni l’Imu è aumentata fino al 10% mentre con la Tares ci saranno aumenti per i negozi di frutta e verdura (+34,5%) e per ristoranti, trattorie e pizzerie (+31%).
Per molti imprenditori – secondo la Cgia – la nuova tornata fiscale con le scadenze di domani sarà, da un punto di vista economico, una giornata campale. Oltre a dover pagare la seconda rata dell’Imu sugli immobili strumentali, molti Comuni hanno previsto entro il 16 di dicembre il versamento del saldo della Tares ovvero, il nuovo tributo sui rifiuti. Rispetto al 2012, gli aumenti – rileva la Cgia – che una buona parte di questi imprenditori ha subito quest’anno sono veramente molto pesanti. “A tal proposito – ricorda il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – questi aumenti vanno a sommarsi a quelli già avvenuti l’anno scorso. Rispetto a quando si pagava l’Ici, i proprietari di capannoni hanno subito nel 2012 un incremento medio del 100%, con punte che in molti casi hanno toccato il 154%”. “Come è possibile – conclude Bortolussi riferendosi alla Tares – subire questi aumenti quando negli ultimi 5 anni di crisi economica la produzione dei rifiuti è diminuita del 5% e l’incidenza della raccolta differenziata, che ha consentito una forte riduzione dei costi di smaltimento, è aumentata del 30,5%”.
(15 dicembre 2013) – Repubblica