Inefficace e condizionato dall’età: il sistema di valutazione dei dirigenti pubblici, da cui derivano poi i premi in busta paga, è stato bocciato da uno studio della Banca d’Italia, firmato dalle economiste Roberta Occhilupo e Lucia Rizzica, che parlano di «sostanziale appiattimento dei premi erogati, il cui ammontare risulta influenzato solamente dall’età» e di «inefficacia dell’attuale sistema di valutazione». Tra le cause dell’insuccesso vi sono «regole rigide e farraginose che si applicano in modo indifferenziato» indipendentemente dal tipo di amministrazione, «una carente programmazione degli obiettivi strategici» e «l’insufficiente autonomia gestionale e organizzativa riconosciuta ai dirigenti». Lo studio «Incentivi e valutazione dei dirigenti pubblici in Italia» ripercorre gli ultimi venti anni di interventi, dalle riforme degli anni Novanta ad oggi, attraverso un’analisi delle retribuzioni di risultato relative al 2012.
L’indagine, riportata nelle pubblicazioni d’inizio anno (febbraio), scatta così una fotografia sulla dirigenza pubblica alla vigilia di un nuovo intervento, il decreto attuativo della delega Madia, il cui primo approdo in Consiglio dei ministri dovrebbe avvenire già entro questo mese. Sull’attuale piano del governo lo studio aspetta a dare un giudizio «esaustivo» ma, allo stesso tempo, riscontra elementi che «potrebbero assicurare un percorso di carriera più ancorato alla competenza tecnica e al merito piuttosto che all’anzianità di servizio e alla vicinanza ai rappresentanti politici».
I dirigenti
Il rapporto prende a campione 2.159 dirigenti ministeriali, osservando che «in media la retribuzione di risultato è pari a circa il 9% della retribuzione totale per i dirigenti di prima fascia e al 12% per quelli di seconda». Nel dettaglio, per la dirigenza top, di prima fascia, la ricerca riscontra «un sostanziale appiattimento delle retribuzioni di risultato». «La poca variabilità osservata è poi frutto — aggiunge — di differenze tra le singole amministrazioni piuttosto che al loro interno», dove la differenziazione «è pressoché nulla». Passando alla ricognizione condotta sulla dirigenza regionale, l’analisi econometrica mostra «che l’età del dirigente è la principale determinante della sua retribuzione di risultato: ogni anno di età in più determina un aumento della retribuzione di risultato del 6%». E ancora, «il possesso di un titolo di studio post-laurea, la conoscenza delle lingue straniere, le esperienze lavorative pregresse, invece, non incidono sulla retribuzione di risultato. Neanche le competenze tecniche del dirigente sembrano avere un peso: i dirigenti che ricoprono cariche nei settori affini a quello di laurea ricevono una retribuzione di risultato pari a quella degli altri». Ecco che, si legge nelle pagine finali, dall’analisi «empirica» emerge che «l’esperienza della valutazione della performance della dirigenza si è rivelata deludente». Oltre ai fattori strutturali, tra le ragioni del flop viene indicate anche «la possibilità di revoca anticipata degli incarichi dirigenziali indipendentemente dagli esiti della valutazione, per motivi attinenti alla riorganizzazione interna». (Corriere.it)
Le conclusioni dello studio
Quelle che pubblichiamo sono le conclusioni di uno studio realizzato dalla Banca d’Italia sul sistema degli incentivi nella pubblica amministrazione. Le due economiste, Roberta Occhilupo e Lucia Rizzica, hanno analizzato l’impatto del sistema così come è andato organizzandosi a partire dal 2009. Ovviamente non ci sono valutazioni conclusive relativamente alla riforma Madia. L’analisi delle retribuzioni del 2012 evidenzia, però che le regole varate nel passato anche con grandi strombazzamenti mediatici hanno prodotto effetti modesti: la parte di salario legata al risultato per i 2.159 dirigenti pubblici è pari al 9 per cento per quelli di prima fascia e al 12 per quelli di seconda. E su questa parte incide in misura consistente l’anzianità visto che ogni anno in più d’età produce uno scatto retributivo del sei per cento.
-di ROBERTA OCCHILUPO E LUCIA RIZZICA-*
La letteratura economica ha messo in luce l’importanza delle pratiche manageriali per il funzionamento delle unita? produttive sia nel settore privato sia nel pubblico. La valutazione di tali pratiche nel settore pubblico risulta pero? piu? difficile che nel privato poiche? i dirigenti pubblici ricoprono un peculiare ruolo di trait d’union tra i vertici del potere politico e l’apparato burocratico che determina la compresenza di obiettivi a volte divergenti. Tale specificita? del settore pubblico rende il disegno di un sistema di incentivi efficace particolarmente problematico.
L’evoluzione legislativa in materia di dirigenza pubblica in Italia testimonia tale difficolta?: a un sistema di esclusiva responsabilita? ministeriale impiegato fino agli inizi degli anni Novanta, si e? cercato di sostituire un sistema basato sulla separazione tra attivita? di indirizzo politico e gestione amministrativa (“responsabilita? dirigenziale”); al principio dell’avanzamento di carriera per anzianita?, si e? cercato di sostituire un sistema di retribuzioni basato sul merito. L’instabilita? politica e uno scarso commitment delle forze di governo hanno pero? portato all’introduzione di numerose modifiche che, intervenendo sui punti nevralgici dell’impianto regolamentare, hanno minato le basi e i principi ispiratori delle riforme. Anche la riforma del 2009, che tentava di introdurre con maggiore convinzione il principio del merito, ha finito con il delineare un quadro poco organico ed efficace.
L’analisi delle retribuzioni erogate ai dirigenti ministeriali e regionali nel 2012, ha mostrato infatti un sostanziale appiattimento delle componenti di risultato a fronte di una forte variabilita? tra enti. Nessuna caratteristica individuale, all’infuori dell’eta?, risulta influenzare in maniera significativa il livello di retribuzione di risultato percepita dal dirigente.
L’inefficacia dell’attuale sistema di valutazione e premiale dei dirigenti appare ascrivibile ad alcuni fattori inerenti all’implementazione delle riforme degli ultimi venti anni, come la scarsa adeguatezza e indipendenza dei poteri di intervento degli OiV, l’eccesso di obblighi formali legati al ciclo della performance e il suo mancato collegamento col ciclo di programmazione finanziaria o ancora la possibilita? di revoca anticipata degli incarichi dirigenziali indipendentemente dagli esiti della valutazione, per motivi attinenti alla riorganizzazione interna.
Vi hanno pero? soprattutto concorso alcuni fattori piu? strutturali. In particolare tre elementi paiono essere rilevanti. Il primo deriva dal mancato riconoscimento delle differenze esistenti tra le diverse amministrazioni pubbliche. I sistemi di valutazione e incentivazione andrebbero distinti, oltre che in base alle caratteristiche concrete dei diversi settori operativi (ciascuno caratterizzato da propri specifici indicatori), anche in relazione al tipo di funzioni di cui ciascuna amministrazione e? titolare. In particolare, gli uffici che svolgono funzioni di natura piu? regolamentare, che operano in una condizione di “monopolio” e in un contesto esterno piu? incerto, a causa dell’instabilita? delle preferenze e degli indirizzi politici nonche? dello scenario macroeconomico, dovrebbero utilizzare sistemi diversi rispetto a quelli che erogano servizi alla collettivita? in modo sostanzialmente stabile e analogo su tutto il territorio (in questo caso e? possibile ricorrere al benchmarking tra strutture simili).
Un secondo ostacolo e? derivato dalla carente programmazione degli obiettivi e, a monte, dal mancato ridisegno dei confini istituzionali e operativi delle diverse strutture e amministrazioni: l’attribuzione di obiettivi molteplici alla stessa struttura e la frammentazione e duplicazione di competenze tra piu? amministrazioni rende, infatti, piu? arduo definire gli obiettivi e misurarne il raggiungimento. Infine, un terzo ostacolo e? costituito dalla previsione di stringenti obblighi procedurali che limitano eccessivamente l’autonomia gestionale e organizzativa riconosciuta ai dirigenti. Cio? rende non solo piu? difficile, ma anche spesso poco corretto, attribuire unicamente ai dirigenti la responsabilita? dell’operato degli uffici da loro diretti.
In questo contesto, l’attuale piano di riforma del Governo mira a introdurre percorsi di carriera piu? meritocratici e flessibili, favorendo una maggiore professionalizzazione e responsabilizzazione della dirigenza. Una valutazione esaustiva della nuova riforma della dirigenza pubblica potra? essere espressa solo a seguito dell’adozione dei decreti attuativi. Tuttavia alcuni profili dell’impianto regolamentare delineato sembrano ben rispondere alle criticita? sottolineate in questo lavoro. In particolare, l’introduzione di un sistema trasparente di “vacancy” e il coinvolgimento delle Commissioni indipendenti – che rappresentano i profili piu? innovativi della riforma – potrebbero assicurare un percorso di carriera piu? ancorato alla competenza tecnica e al merito piuttosto che all’anzianita? di servizio e alla vicinanza ai rappresentanti politici. Tuttavia, appare indispensabile che in fase di attuazione siano correttamente definite le modalita? di nomina e revoca dei componenti delle Commissioni indipendenti per garantirne effettivamente la coerenza con i requisiti d’indipendenza, onorabilita? e professionalita? previsti dalla delega. E? altrettanto indispensabile che siano assegnate loro risorse adeguate per svolgere la complessa e gravosa funzione assegnata e siano attribuiti loro adeguati poteri sanzionatori, anche al fine di garantire la massima trasparenza dei procedimenti di conferimento e revoca degli incarichi e, per tale via, accrescere l’accountability dei soggetti che ne sono responsabili.
Il buon funzionamento del sistema complessivo dipendera?, poi, in larga misura da come saranno declinati i principi della delega che attengono alla valutazione. Si tratta di introdurre presi?di indispensabili per garantire un percorso di carriera effettivamente meritocratico (tali presi?di appaiono ancor piu? necessari per via dell’allargamento dei poteri attribuiti ai rappresentanti politici). Sara?, in particolare, indispensabile delineare un impianto regolamentare meno rigido che sappia effettivamente cogliere le differenze tra contesto locale e ministeriale, tra funzioni pubbliche che hanno caratteristiche di policy implementation e funzioni che erogano servizi ai cittadini.
Occorre, infine, considerare che l’efficacia dell’intervento riformatore sara? anche condizionata dal livello di autonomia gestionale e organizzativa che sara? riconosciuta ai dirigenti. Permane, dunque, la necessita? di intraprendere una vasta opera di semplificazione della regolazione dell’attivita? amministrativa (anche) al fine di velocizzarne l’azione e di garantire una effettiva responsabilizzazione dei risultati raggiunti. (fondazionenenni.wordpress.com)
* Conclusioni dello studio “Incentivi e valutazioni dei dirigenti pubblici in Italia”
10 luglio 2016