Trapela nella bozza della Commissione un riferimento allo spreco alimentare, a carico degli agricoltori: pula e resti di granaglie e cereali, ma anche ossa bovine e cartilagini sono considerate “waste”, ovvero rifiuti.
Se alcuni sottoprodotti animali (come le ossa o le cartilagini) diventano “rifiuti”; e se la stessa sorte tocca alla crusca, alla pula dei cereali: cosa si devono aspettare gli agricoltori? La domanda non ammette facili risposte. Ma sicuramente, la nuova definizione di “food wastage” (spreco alimentare) viene fatta risalire, nel documento filtrato dai servizi della Commissione Europea- addirittura alla natura profonda della materia vivente.
Come se le mucche potessero nascere senza ossa. O il frumento senza pula. Una vera e propria aberrazione. Ma dietro le parole cosa si nasconde?
E’ lecito immaginare alcuni scenari. Alcuni di mercato, altri di policy.
Circa i primi, se gli agricoltori devono trattare e smaltire dei sottoprodotti come spreco, significa solo una cosa: che devono pagare per farseli ritirare da qualcuno che ci guadagna. Una ennesima espropriazione del reddito agricolo, già calato vistosamente nel corso dell’ultimo decennio e con margini risicatissimi.
Circa la seconda, significa che gli agricoltori verranno incolpati di “inquinare” o altrimenti produrre rifiuti, quando di fatto semplicemente gestiscono un ciclo biologico, con quel che ne consegue. In tal modo, predisponendo dei target (anche forzati) di riduzione dello spreco e dei rifiuti, si obbligano gli argicoltori a entrare in catene di fornitura dei propri sottoprodotti, a titolo gratuito nella migliore delle ipotesi (o addirittura dietro pagamento per il ritiro del materiale di scarto).
Una lettura pessimistica? Può darsi.
A cura di Sicurezza alimentare Coldiretti – 16 luglio 2014