Nel quadriennio all’orizzonte la mappa sanitaria regionale è destinata a cambiare sensibilmente perché la forbice tra i costi (in aumento) e le risorse (in flessione) impone una riforma del welfare che non si limiti alla facciata ma aggredisca i centri di spesa salvaguardando però la mission del sistema, ovvero la tutela della salute, che in Veneto vanta tradizionalmente standard elevati. Il punto di partenza è la riduzione dei posti letto ospedalieri prevista dal Piano socio-sanitario approvato mercoledì dall’assemblea di Palazzo Ferro-Fini. La dotazione attuale è di 4 per mille abitanti, il Piano li riduce a 3, ai quali se ne aggiungeranno 0,5 (destinati alla riabilitazione) e 1,2 riservati agli ospedali di comunità, una sorta di “filtro” affidato alla gestione dei medici di base e degli infermieri.
La somma delle frazioni non inganni: i posti letto ospedalieri, a differenza degli altri, comportano un organico e un impegno di spesa onerosi e costanti; scenderanno di circa 2500 unità (2 mila nel pubblico, il resto nella medicina privata attraverso una contrazione delle convenzioni) e ciò farà la differenza in termini di bilancio. Come conseguire l’obiettivo? Attraverso una progressiva ristrutturazione della rete che coinvolgerà una ventina di ospedali, concentrati nelle province di Verona, Venezia, Belluno e Rovigo.
È questo l’indirizzo prevalente nelle «schede» in gestazione: sono complementari al Piano, meglio, ne costituiscono il motore; a metterle a punto sta lavorando uno staff di tecnici della Regione coordinato dal top manager della sanità, Domenico Mantoan.
«Non chiuderemo nulla, la nostra linea è quella di riconvertire i presìdi ospedalieri anche attraverso un declassamento che distingua con chiarezza la dorsale ospedaliera dalla rete di comunità e privilegi la prevenzione rispetto al ricovero», ha annunciato ieri Luca Coletto intervenendo a un convegno di Italia Futura; nell’occasione l’assessore veneto ha insistito sulla necessità di far fronte a una riduzione progressiva e cospicua di risorse («Nei prossimi tre anni il Fondo nazionale subirà tagli per 10 miliardi e noi siamo l’unica regione priva di addizionale Irpef») in netta controtendenza rispetto al decennio precedente.
Ribadita l’opposizione ai ticket imposti dal Governo: «Quello sulle ricette, che noi abbiamo impugnato, avrebbe dovuto fruttare 66 milioni, finirà che ne incasseremo una ventina e gli unici a beneficiarne saranno i laboratori privati, più convenienti per gli utenti che necessitano di prelievi e analisi». In ballo c’è un business che fattura 8 miliardi e mezzo all’anno e occupa 60 mila persone. Le scelte non saranno agevoli né indolori e spetterà alla politica sostenerle.
Una prospettiva destinata a mettere a dura prova l’alleanza Lega-Pdl, già incrinata dalla maratona consiliare sul Piano. Dove i pidiellini (con il sostegno di Pd e Udc) hanno vincolato al parere della commissione sanità – presieduta dall’abile Leonardo Padrin – le decisioni di giunta in materia di schede ospedaliere e nomina dei direttori generali delle Usl. Coletto si è opposto e a nome dell’esecutivo ha rivendicato la titolarità in materia ma l’aula, con un voto trasversale, ha bocciato clamorosamente i suoi emendamenti; sulla questione, ora, si profila un ricorso di illegittimità davanti alla Corte Costituzionale.
Vedi anche “Zaia: taglieremo le Asl non gli ospedali”
Il Mattino di Padova – 24 giugno 2012