Professoressa Fornero, dunque anche per la madre della riforma delle pensioni è giunto il momento di andare in pensione?
«Sì. Spero di poter dedicare più tempo alla lettura, di potere curare l’orto, svolgere attività di volontariato e viaggiare di più con mio marito».
Quindi addio università?
«Alcuni miei colleghi e diversi studenti mi hanno chiesto, in via informale, di non lasciare del tutto l’attività didattica. Capita spesso. Vedremo che cosa deciderà il Dipartimento. Io, finché la salute mi assiste, sono disponibile».
Elsa Fornero, professoressa ordinaria di Macroeconomia nell’Università di Torino, nonché ex ministro del Lavoro del Governo Monti , ha compiuto 70 anni il 7 maggio e tra poco meno di sei mesi, ufficialmente dal 1° novembre, sarà anche lei in quiescenza.
La domanda sorge spontanea: va in pensione con la legge che porta il suo nome?
«In realtà no».
E come è possibile?
«Perché la riforma non ha modificato il limite massimo di età pensionabile dei docenti universitari, che già una decina di anni fa era stato abbassato da 72 a 70 anni».
Il colmo?
«No, io mi considero una privilegiata. Ho sempre amato moltissimo insegnare, confrontarmi con i giovani, dare agli studenti gli strumenti per addentrarsi in un mondo molto complesso andando oltre le semplificazioni».
Ma avrebbe potuto lasciare prima?
«Sì. Se fossi andata in pensione subito dopo aver cessato l’incarico di ministro, esattamente cinque anni fa, avrei avuto una pensione più che doppia rispetto a quella che avrò come professoressa, ma ho preferito andare avanti».
E ora, che cosa pensa a sentire la parola «pensione» riferita proprio a lei?
«Continuo a guardare avanti. Certo, se dovessi proseguire in parte la mia attività didattica, molti aspetti formali verrebbero comunque meno. Avrei più tempo per dedicarmi ai miei interessi».
Un ritorno in politica?
«No, quello proprio no».
Una brutta esperienza?
«No. È stata molto coinvolgente, un impegno che ti sottrae tutte le energie e ti carica di responsabilità, in cui spesso ci si sente soli».
Ma c’è qualcosa che non vorrebbe accadesse di nuovo?
«Senz’altro vedere attaccata la mia famiglia. Io posso sopportare insulti anche beceri, ma non è giusto prendere di mira chi mi sta accanto».
Trascorrerà più tempo a San Carlo Canavese?
«Al mio paese torno sempre molto volentieri. Trovo che stare lì mi rigeneri».
Ma quando era piccola, sognava una carriera di professore universitario, poi addirittura ministro?
«No, non ci pensavo. Mi piaceva studiare. E dobbiamo dire grazie a questo nostro Paese che permette di mandare all’università anche i figli di famiglie modeste. Io ho sempre fatto ripetizioni e supplenze».
E da quanto è docente?
«Quarant’anni. Forse anche qualcosa di più. Ho avuto la fortuna di avere grandi maestri, che hanno saputo darmi gli strumenti per capire la complessità del mondo, anche se una donna fatica sempre più di un uomo a fare capire che è brava. Si crede che sia stata messa in un posto da qualcuno, non che ci sia arrivata per sue capacità».
È successo anche a lei?
«Accade tutti i giorni. Oggi, poi, tutto è ancora più difficile: i criteri per la pubblicazione di articoli scientifici su riviste prestigiose sono diventati stringenti».
Lei continuerà a fare ricerca?
«Sì. Ho tre lavori scientifici in attesa di pubblicazione su riviste internazionali dedicati all’importanza di un minimo di educazione finanziaria fin dai primi anni scolastici».
Oggi è più serena di un tempo?
«Le dirò: ultimamente ricevo molte lettere di apprezzamento. Le persone hanno capito che talvolta bisogna prendere decisioni impopolari per il bene di tutti».
Cambierebbe qualcosa di quella legge?
«Tutto è migliorabile ma quella riforma in quel momento era necessaria. Con il tempo, si può realizzare una maggiore flessibilità nell’eta di pensionamento, accompagnata da una variazione nella pensione, più alta per chi va in pensione più tardi».
Come vive la responsabilità di quella norma che coinvolge così tanti italiani, anche se non lei direttamente?
«Ci penso spesso. Mi è toccato fare scelte dolorose ma sono certa che nel tempo se ne vedranno gli effetti positivi».
Corriere.it – 10 maggio 2018